

Avevo sperato fin dall’inizio che Miriam non nascesse proprio il giorno del compleanno della sorella. In un certo senso, pertanto, fui sollevata quando arrivammo alla sera di domenica 29 senza che accadesse nulla. Ma da allora speravo, mi aspettavo, che il momento giusto arrivasse da un attimo all’altro. Passa invece un’altra settimana con un nulla di fatto.


Durante tutto il resto del giorno, ogni volta che vado in bagno mi accorgo che sto perdendo pezzi di tappo. Mio padre inizia a chiedermi di non far partire il travaglio proprio nel pomeriggio, visto che lui deve seguire le partite


Arriva la sera, ceniamo, stavolta dopo cena non mi prendono le solite contrazioni non dolorose. Ormai sono rassegnata, questa gravidanza è la più lunga, sia quel che sia, prima o poi si dovrà pur decidere a nascere. Andiamo a letto, a metà nottata, saranno state le 3:00 o le 4:00, mi sveglio per andare in bagno e perché mi prende un attacco di fame. Non ho nulla, nemmeno la più piccola contrazione, mi inkazzo un pochino pensando che anche la previsione di Pier è stata sbagliata. Torno a letto. Alle 6:00 mi sveglio e mi accorgo di avere una contrazione abbastanza dolorosa ma non mi faccio troppe illusioni, ormai. Tento di riaddormentarmi ma alle 6:10 ne sento un’altra e poi un’altra verso le 6:20. Continuo a cercare di non illudermi troppo, tuttavia mi alzo e decido di farmi una doccia. In bagno mi accorgo che oltre al muco ho anche qualche lieve perdita di sangue rosata. E allora sempre più inizio a sentirmi che il momento è arrivato. Le contrazioni continuano anche sotto la doccia, quando mi prendono guardo il cellulare per controllare l’orario. Torno in camera e mi vesto, intanto faccio presente la cosa a Pier che ormai non fa più molto caso a questi miei “falsi allarmi” ma si limita a dirmi, mentre sonnecchia “Vabbe’, al limite mi prendo la mattina libera e ti accompagno io oggi a fare il tracciato” (era previsto per quella mattina l’ennesimo monitoraggio). Nel frattempo i miei avvertono il “movimento”, si alzano anche loro, io sono stranamente tranquillissima, gli chiedo di pensare loro a vestire Giacomo e Vera, dargli la colazione e accompagnarli all’asilo. Nel frattempo Giacomo e Vera si svegliano e io ne approfitto per spiegare loro che forse al loro ritorno da scuola non mi troveranno a casa perché sarò in ospedale a far nascere la sorellina. Intanto Pier non ha ancora del tutto realizzato. Si alza, viene in cucina, si prende un caffè e mi dice che adesso andrà a farsi una doccia, poi accompagneremo i bambini, quindi ci recheremo con calma in ospedale. Gli faccio presente che le contrazioni sono abbastanza regolari, ogni 10 minuti circa (anche se talvolta ne arriva qualcuna anche prima dei 10 minuti) e sempre più dolorose. Allora si doccia e si veste in fretta, salutiamo i bambini, li affidiamo ai nonni e saliamo in macchina. Subito mi prende una nuova contrazione, guardo l’orologio, sono le 8:12, Pier controlla l’orologio a ogni contrazione, sempre 9, o 10 o 11 minuti. Quando arriviamo all’ospedale, circa mezz’ora dopo, si ferma proprio dinanzi all’ingresso e mi dice di scendere e entrare, intanto che lui va a cercare parcheggio. Io esito un attimo a scendere perché secondo l’orologio dovrebbe essere il momento della nuova contrazione. Ma non arriva, Pier non può sostare a lungo dinanzi all’ingresso, così scendo e mi avvio verso l’entrata. Naturalmente in quel momento la contrazione arriva e mi fa piegare

In sala parto fa capolino ogni tanto anche il mio gine, si era già fatto vedere anche in sala travaglio. Ma non è lui ad assistermi al parto bensì la gine di turno. Una squadra di tutte donne, insomma, gine, ostetrica, puericultrice e infermiera. L’unico uomo è Pier, che come si usa in questa clinica, è entrato solo in sala parto e solo nell’ultima fase. Questa volta mi è sembrato molto più semplice delle altre volte, quando mi dicevano di spingere spingevo, a parte che capivo da sola quando era il momento. Appena è uscita la testa, pur senza avvertire il minimo dolore per via dell’epidurale, ho però capito che mi stavano nuovamente tagliando la sotto. Evvabbe’, pazienza mi sono detta. Mi toccherà sopportare un’altra settimana di dolori post episiotomia. Peccato che stavolta i dolori sono durati più di una settimana, praticamente la sera li sento ancora, ormai ho un cordone d’acciaio lì. Comunque subito dopo sento tutto il corpo che esce. Ancor prima di riuscire a vederla ho la sensazione che questa bimba dev’essere molto più grande dei fratellini, che pesavano rispettivamente 3160 e 2970 alla nascita. Infatti lei pesa 3500 gr, ci comunicheranno poi. Sono le 11:35. Riesco a vederla subito, con il cordone ancora tutto attaccato. E’ bellissima, nerissima di capelli com’era la sorella appena nata (anche se poi quasi tutti dicono che somiglia maggiormente al fratello). Le tagliano il cordone e la portano ad aspirare i muchi, Pier la segue, poi me la mostrano vicino, avvolta in un telo verde. Mi guarda con in suoi occhioni, che ancora non riesco a percepire di che colore sono (si, lo so, appena nati non vedono nulla ma la sensazione che ho avuto in quell’istante è stata proprio che mi fissasse). Poi la portano via per i controlli, anche Pier esce e io rimango per l’espulsione della placenta (facilissima stavolta) e per i punti. Cavolo, non finivano più di cucirmi.
Mi riportano nella stanza al 5° piano, Pier mi raggiunge e dopo un po’ ci portano la nostra Miriam. Ormai siamo una super famiglia. Si è fatta quasi l’ora delle visite, che iniziano alle 13:00. Pier esce a comprarmi un panino con il salame, che dopo nove mesi di astinenza divoro, poi il neo tris papà decide di andare lui a prendere Giacomo e Vera all’asilo. Vero che ci sono i nonni ma vuole godersi questi momenti anche con loro.
Unica piccola nota che mi ha dato un po’ di tristezza. La sera alle 19:00 sono venuti a trovarmi tutti: Pier, Giacomo, Vera e i miei. L’altro letto nella mia stanza era libero, così come l’altra culla, essendo stata appena dimessa una donna che aveva partorito due o tre giorni prima. Vera, vedendo quel letto e quella culla, ha affermato che il primo era di papà e la seconda di Vera. Praticamente ha creduto che io mi trovassi in una sorta di albergo e che quella notte avremmo dormito tutti lì. E quando a fine visita il papà e il nonno l’hanno condotta via (mia madre invece si è fermata ad assistermi quella notte e quella seguente. I dolori perianali erano troppo forti e a malapena riuscivo a sollevare Miriam dalla culla, quando dovevo allattarla) ha pianto. Mi si è stretto il cuore.
Per fortuna non hanno riscontrato problemi né a me né a Miriam, così due giorni dopo siamo state dimesse.
Ora siamo tutti a casa, Giacomo si mostra a tratti affettuoso con la sorellina, a tratti indifferente. Vera invece è piuttosto indifferente, salvo a volte in cui afferma che la sorellina è bella. E’ curioso, tuttavia, che da quando mi vedono allattare hanno iniziato a bere il latte a colazione. Non lo avevano mai fatto.
Com’è la vita da tris mamma? Non ho ancora avuto il tempo di rendermene conto. Pier è dovuto partire per lavoro la scorsa settimana, mia madre si fermerà qui fino a lunedì (mio padre invece è ripartito a pasquetta), per cui ancora non mi sono trovata sola con tutti e tre.