Alcune si saranno accorte che manco da un po', e la scusa ufficiale era che mi era saltato il collegamento... Ma c'è dell'altro, e spero mi vorrete scusare se dopo aver scritto questo romanzo magari sparirò di nuovo. Però mi sembra di impazzire e ho bisogno di uno sfogo.
Premessa: nell'anno 1983 mia mamma e mia zia scoprono di essere incinte entrambe.
A distanza di 10 anni esatti dalla mia nascita avrei avuto finalmente il fratellino/sorellina tanto desiderato, e anche un cuginetto/a nuovo di zecca!
Nello stesso periodo mia nonna materna subisce un grave ictus dal quale non si riprenderà mai, e le due gravide sono le uniche di 5 figli ad occuparsi della mamma immobilizzata a letto e del papà già invalido.
Alla fine del terzo mese, a causa degli eccessivi sforzi fisici, mia mamma perde il bimbo, e quel fratellino non arriverà mai più.
Mia zia porta a termine la gravidanza e nasce la mia "cugina più preferitissima", il 4 dicembre. Verrà chiamata Barbara.
Diventa così la sorella che non avrei mai potuto avere.

Il giorno del mio matrimonio, nel 2004, le ho regalato il mio bouquet, con l'augurio di poter presto coronare il suo sogno col fidanzato storico, un ragazzo come pochi.
Esattamente 4 anni dopo, a luglio di quest'anno, eccomi al suo matrimonio. Una gioia e una commozione come poche volte ne ho provate.
I freschi sposi partono ad agosto per il viaggio di nozze, destinazione Stati Uniti. Rientrano felici ed entusiasti, vogliono godersi la loro piccola ma graziosissima casetta, messa su con enormi sacrifici.
Mercoledì scorso arriva una telefonata a casa mia, mia madre era con me: in pochi secondi, mia zia ci avvisa che stanno partendo col primo volo per Milano, e noi fatichiamo a capire.
Barbara non stava bene da un paio di settimane, aveva problemi respiratori e si gonfiava come un pallone, ma le normali analisi non chiarivano la situazione.
Le hanno fatto una TAC: c'è una grossa massa al livello del polmone. Le dicono di ricoverarsi immediatamente, ma qui in ospedale le dicono che non sanno dove mettere le mani. Chiedono immediatamente un consulto telematico con l'equipe di U. Ver***si. Egli stesso li richiama nel giro di un'ora e fissa un appuntamento per la mattina dopo alle 7. Partono di corsa; Barbara, sua mamma e la sorella del padre.
Il professore spiega alla paziente in modo crudo e dettagliato come stanno le cose, ma occorrono ulteriori accertamenti per stabilire la natura esatta del male e quindi un piano terapeutico. La rivoltano come un calzino per giorni. Sabato partono per Milano il papà, il fratello e il marito, ma possono vederla solo nell'orario di visita, trascorrono la giornata vagando per i corridoi nella speranza di ricevere notizie.
Al momento si sa che la massa è localizzata esternamente al polmone, e questo potrebbe essere un "vantaggio". Ma dall'esame istologico non sono ancora riusciti a determinare la tipologia del tumore. Questa bestia infame non ha ancora un nome. Perciò siamo tutti nel limbo, l'attesa è devastante, l'incertezza ci consuma.
Barbara non ha ancora compiuto 25 anni. Ha un lavoro, desidera dei figli, è una ragazza senza grilli per la testa, con le idee chiare, un marito innamorato e una famiglia solida alle spalle. Una persona qualunque, insomma. Ma PER ME non è una persona qualunque. E' la mia sorellina piccola. Guardo le sue foto, i suoi bellissimi occhi del colore del mare, il suo sorriso timido e al contempo insolente.
E non voglio che me la portino via.
Non trovo pace, nè di giorno nè di notte. I pensieri mi tormentano, la sensazione di impotenza è atroce, il dolore mi martella le tempie.
Non portatemela via.