1) La sfida continua che la bambina fa nei tuoi confronti non è diretta a te in quanto sua madre (cioè se fa i capricci non è per fare un dispetto a te personalmente) ma perchè sta cercando di essere se stessa.
Magari questa è una fase in cui questo avviene con più forza, Bea capisce di essere una persona a sè stante rispetto alla mamma, e quindi va alla ricerca della propria personalità. Cerca il proprio IO, un IO diverso da quello della mamma. (secondo me complice anche il fatto della nascita della sorellina
In secondo luogo, spesso si arrabbia per il semplice fatto che, in puro spirito di contraddizione, non capisce nemmeno lei cosa desidera ( e sei tu che puoi indirizzarla, parlale, falle esprimere le sue emozioni, ormai parla e riesce ad esporre anche se ancora non perfettamente bene quello che sente)
2) Bene il provare a contrattare su alcune cose, ma sei tu la mamma devi decidere tu quello che è meglio per lei. Per cui se credi che ci sono cose inderogabili, che vanno fatte allora dai un NO fermo, deciso e asciutto. Un No che non può essere cambiato, senza sconti.
3) L'ignorarla non vuol dire "fregarsene" vuol dire ignorare il capriccio non lei. Una volta che è finita la fase della "nevrastenia" oppure della "crisi" come dico io alle mie figlie
4) Quello che può capitare e che se non si ritorna ad una situazione di serenità si entra in un circolo vizioso, l’atteggiamento a ‘muso duro’ non serve, perchè più ci irrigidiamo, più il bambino si irrigidisce. L’unico desiderio di un bambino è quello di compiacere i suoi genitori e renderli felici. I bambini ci amano, sempre, e vogliono solo che noi gliene vogliamo altrettanto. Per questo capiscono sempre ‘i dialoghi sui sentimenti‘. Quindi, per esempio io trovo molto utile mettersi alla loro altezza e dire loro: "Io ti voglio bene, ma questo atteggiamento non mi piace. Ora sei arrabbiata e non possiamo parlare. Ti lascio qui un momento per conto tuo, e poi quando ti sarai calmata cercheremo insieme di risolvere il problema. Perchè io non riesco a capirti, quando ti arrabbi così."
I bambini hanno bisogno di sapere che i loro comportamenti hanno un impatto emotivo anche sugli altri. Quindi, per esempio, non mi piace sentir dire a un bambino: "sei cattivo!, ma preferisco usare l’espressione: hai sbagliato, ma ti voglio bene lo stesso".



