Balle.
Se esiste è solo una grandissima botta di fondoschiena.
La verità è che ci vogliono due attributi enormi per mandare avanti un matrimonio. Ci vuole complicità, emotiva intimità e mai, dico mai scordarsi che l'altro non è un ectoplasma, ma un essere umano con sogni, desideri e sentimenti.
Ma siccome a me le cose facili non sono mai piaciute, il compagno me lo sono scelto pure straniero e di una cultura così profondamente diversa da diventare con il tempo un peso enorme per entrambi.
La (nostra) infelicità di vivere all'estero (se ci vai a 20 anni è una cosa, ma io una vita intera anche no)
La (sua) infelicità di non aver fatto quella carriera che avrebbe voluto.
Vaglielo a spiegare che forse per fare quella carriera ci vuole coraggio ovunque. Non è dovuta, non è regalata. E qualche volta ci si schiatta (Marchionne).
Ma tant'è. Anni di lotte (mie) contro un uomo che con il tempo diventava sempre più distante, freddo, anafettivo e lontano come plutone con marte. Io ero marte, quella che si incazzava, che litigava che urlava.
Ma il suo sangue era freddo come il piombo. Un'aplomb degna di un attore professionista.
Sono stata male, malissimo. A Luglio del 2017, dopo tanti tentativi da parte mia e una terapia di coppia andata peggio che male, per un mero istinto di sopravvivenza me ne vado di casa con mia figlia.
Lui non fa una piega, si consola con altre (non lo biasimo per questo, a dire il vero non ero neanche gelosa e questo la dice lunga, visto che io per carattere sono simile a Macchiavelli in quanto a cattiveria quando divento gelosa). Provo solamente stanchezza.
Gli ho lasciato tutto, in barba a quelli che sostengono che le donne sono vampiri succhia soldi. E certamente il suo stipendio gli permetteva di fare ciò che voleva.
Ma lui ha sempre avuto un rapporto malato con i soldi. Non ne spendeva mai, anche quando c'erano, era ossessionato all'idea di accumularli, quindi qualsiasi tentativo di "dilapidare" il "suo" capitale era una tragedia. Se penso a quante cose non ho fatto per non farlo stare male.
Questa sarebbe stata l'ultima. Il giudice gli ha imposto gli alimenti, dopo di che all'udienza di separazione gli ha detto di ringraziare il suo santo che gli aveva mandato una moglie (ex) così.
A fatica ho trovato una casa per me e Giulia. Me la sono smazzata da sola, ma finalmente ero consapevole di aver fatto la cosa giusta.
Eppure questo non ti nasconde dalla sofferenza. Di aver investito anni amando una persona anaffettiva, un uomo che avrebbe fatto dei danni sull'emotività di un'adolescente non essendo assolutamente capace di nutrire il suo animo di ragazzina sensibile e creativa.
Abbiamo l'affido congiunto ma lui non c'è mai. Quanto è vero che i figli sono delle madri. Anni fa avrei riso, invece ora so che è così. Il peso di tutto è mio e lo porto adesso con più serenità.
Quello che abbiamo è ora nostro e non esiste più quel braccio di ferro agghiacciante.
Eppure ancora sto male, a tratti per fortuna, perché ammettere il fallimento del proprio matrimonio è dura. Bisogna guardarsi dentro come forse non vorresti mai fare. Ma se non lo fai non puoi risorgere. Come la fenice, devi morire per poi rinascere.
E' stato come percorrere l'inferno. Ma non come Dante che era un codardo e ha avuto bisogno del suo accompagnatore. Io l'inferno l'ho attraversato da sola.
Ho scritto di getto e sinceramente non so neanche io perché l'ho scritto qui. Ma da qualche parte dovevo pur farlo.
Chissà che queste righe possano far riflettere.
Grazie per avermi ascoltato
