chiedo scusa in anticipo per la lunghezza del topic, vorrei cercare di dare più elementi possibile perchè ho davvero bisogno di un consiglio.
Il 31 dicembre, dopo un mese e cinque giorni dalla diagnosi di tumore al polmone, è morto mio padre: uomo favoloso, nonno strepitoso, papà impossibile da descrivere. Per tutta la vita ci ha fatto da padre e madre in maniera eccellente (una madre ce l'avrei anche, ma non vale la pena di sprecarci neanche una parola), il nostro è stato un rapporto d'amore infinito, esclusivo, simbiotico.
Mi manca come l'aria, ma noi siamo persone dignitose: non urliamo, non ci disperiamo, non ci strappiamo i capelli. Ogni tanto piango, in macchina, quando sono da sola.
Mia figlia, quasi 6 anni (parlo solo di lei, perchè Gabriele ha 14 mesi, quindi la cosa lo tocca relativamente), ha visto il nonno tutti i giorni della sua vita (abitiamo di fronte), con lui ha giocato, ha mangiato, ha dormito, è uscita, è andata al mare, ovunque. Mio padre ha un gemello, e tutti e tre hanno sempre formato un terzetto indivisibile: Arianna e i nonni (entrambi), un rapporto bellissimo, un amore speciale

Nell'ultimo mese lei sapeva che il nonno stava male, siamo stati una settimana in un ospedale a 500 km da casa e lei è rimasta con il nonno acquisito (il gemello di papà) e mia zia (altra sorella di papà), cmq parlava con il nonno al telefono ed era abbastanza tranquilla.
Quando siamo tornati a casa lei ha continuato a vedere il nonno quotidianamente e a giocare con lui (per quanto gli era possibile, ovviamente). Gli ultimi dieci giorni la situazione si è aggravata, papà prendeva farmaci pesanti e spesso durante il giorno dormiva. Noi le abbiamo spiegato che il nonno non stava bene e aveva bisogno di riposare per riprendersi. Nessuno si aspettava un epilogo così rapido, quindi non abbiamo pensato in nessun modo a "prepararla" (e sinceramente non so neanche se sarebbe stato giusto). Lei cmq era abbastanza serena, entrava e usciva dalla stanza, lo salutava, lo baciava, si affacciava a chiedere: "allora, si è svegliato il bell'addormentato?".
Nell'ultima settimana ci siamo fermati a dormire a casa di mio padre, io nella stanza con lui e lei al piano di sotto col papà.
La sera che è morto lei era nell'altra stanza, ma, come dicevo sopra, nessuno ha urlato o fatto scene isteriche, quindi non si è accorta di niente. L'ho fatta portare al piano di sotto, sicuramente ha capito che il nonno non stava bene (perchè è arrivata mia cugina per stare con loro, io sono scesa molto più tardi) ma non cos'era successo.
La mattina dopo, e ancora mi chiedo dove ho trovato la forza, le ho scritto una lettera da parte del nonno, una lettera bella e colorata, piena di adesivi e disegnini, nella quale lui le diceva che le sera prima, mentre stava immobile in quel letto, la stanza era stata invasa da una luce bellissima e qualcuno aveva bussato al vetro: era una cometa con una lunga coda, che lo aveva invitato a saltare in groppa e volare con lei. In quella lettera le spiegava che lui non voleva certo lasciarci, ma qui stava male, poteva solo stare bloccato a letto e non giocare con lei e Gabriele, invece dal cielo avrebbe continuato a guardarli, a sentire quello che gli dicevano, ad applaudire alle sue recite e ai suoi saggi di danza. La rassicurava sul fatto che lui sarebbe stato sempre presente, che la amava più della sua vita e non l'avrebbe abbandonata mai, era solo andato a costruire una bella casetta di nuvole, proprio accanto alla prima stella della sera (che ad Arianna piace tanto) e da lì l'avrebbe guardata sempre.
Quando si è svegliata io le ho detto che nonno qui stava male ed era andato in cielo a cavallo di una cometa, le ho letto la lettera, le ho spiegato che il nonno era sempre con noi, certo non potevamo vederlo, ma cmq non ci aveva lasciato. Ho cercato di consolarla, non farmi vedere disperata (e credo di esserci riuscita) ma di farle cmq capire che era normale piangere e sentirsi triste, che poteva farlo quando voleva, che io sarei sempre stata lì per lei.
Lei ha capito: era triste, angosciata, ma aveva capito.
Durante il giorno non è stata a casa, quando è tornata la sera mi ha chiesto di uscire per vedere la prima stella della sera e per strada ha voluto giocare a nascondino col nonno sulla stella, ovviamente l'ho accontentata.
Arrivata l'ora di andare a letto, prevedibilmente, ha avuto una crisi di pianto, una brutta crisi.
Ha pianto per oltre un'ora senza riuscire a smettere, chiamava il nonno disperata, perdeva il fiato, era inconsolabile. In tutto ciò è arrivata mia madre - notoriamente sprovvista di nervi saldi - forse ha avuto paura perchè la bambina non riusciva a calmarsi in nessun modo, fatto sta che così, senza nessun preavviso, le ha detto: "Dai, non ti preoccupare, nonno è andato in un ospedale in cielo, adesso lo curano bene e poi torna".
A quel punto Arianna in qualche modo si è rassicurata e si è calmata.
Da quel momento, però, ovviamente lei si aspetta che torni.
Quella stessa sera ha preparato una cassetta delle lettere, ogni giorno lei gli scrive e il nonno (io) risponde.
Qui probabilmente ho sbagliato io, avrei dovuto dirle fin dall'inizio che non era possibile, ma ho visto che questa cosa le dava (e continua a darle) serenità, quindi l'ho fatto e ora non so come smettere.
Questa cosa mi turba, ma relativamente, credo (spero?) che piano piano col tempo andrà a scemare.
Altro problema (che invece mi turba di più) è che lei non vuole tornare a dormire casa nostra, a distanza di quasi un mese siamo ancora qui, le ho chiesto perchè non vuole andare a casa e la risposta è stata: "voglio aspettare che torna nonno".
E il nocciolo della questione è proprio qui: lei si aspetta che il nonno prima o poi davvero tornerà (quando mamma? Per il mio compleanno? Per il suo? Per il prossimo Natale?) e io non so proprio come fare.
Nelle letterine che lui le scrive, ovviamente, non le parla mai di un eventuale ritorno, risponde alle domande che lei fa, la rassicura sul fatto che le vuole bene e che le è sempre accanto in ogni cosa che fa
Lei apparentemente è serena, ma solo apparentemente.
A volte la sera viene da me e mi dice che ha i brutti pensieri, allora io li soffio via ma lei dice che se ne vanno tutti "tranne i brutti pensieri di nonno", dice che il nonno le manca, che vuole vederlo e giocare con lui, o almeno parlagli al telefono. Io le spiego che non è possibile ma che lui cmq è sempre con noi e via discorrendo. Allora lei gli scrive una lettera o gli manda un regalo o un cioccolatino o le sue sigarette o una foto e in questo modo si tranquillizza. E aspetta che torni.
Dopo circa una settimana ho parlato con una psicologa, mia conoscente, che mi ha suggerito di assecondarla e di rispettare i suoi tempi.
L'ho fatto e sto continuando a farlo, potrei farlo per tutta la vita - non è questo il problema - ma non so se è giusto. E se non lo fosse cmq non so cos'è giusto.
Io non sono nel pieno delle mie facoltà mentali, in questo periodo, ne sono consapevole.
Ho perso il baricentro, ho perso l'equilibrio, ho perso la serenità e non so se la ritroverò mai, ma voglio aiutare mia figlia, devo aiutarla a superare questo momento nel miglior modo possibile (migliore si fa per dire, ma rende l'idea).
Mia madre (che ha fatto il danno maggiore) adesso insiste perchè la porti da uno psicologo "perchè è GIA' passato quasi un mese" (e se invece fosse che non è passato ANCORA neanche un mese?), io non so se è il caso, sicuramente sarebbero utili dei suggerimenti a me, ma portarci lei...mah...non lo so.
Scusatemi ancora per la lungaggine e per l'argomento un pò pesante, qualunque consiglio è graditissimo.
Grazie!