Ho letto questo bell'articolo di Maria Corbi sulla Stampa, ve lo copio sotto sperando di non infrangere nessuna regola. Riguarda la morte di quel ragazzino al campo estivo. Oggi mio figlio è andato alla gita in montagna con il centro estivo della parrocchia e questo articolo mi ha colpita nel vivo. Sta crescendo, è giusto lasciarlo un po' "andare", ma a volte non è facile sapere di non poterlo proteggere sempre
"Non esiste la parola per definire un genitore che perde un figlio. Si può essere orfani, vedove, vedovi, ma non quell’altra cosa. Quello stato che definisce il peggiore degli incubi, sopravvivere a chi abbiamo creato, cresciuto, amato e a un certo punto lasciato andare nel mondo. Franco ieri a Prato se ne è andato per sempre mentre scalava la montagna e la sua vita. Quella gita non è stata, come doveva, una tappa della sua estate e verso l’età adulta, ma la stazione finale. Non sappiamo se ci siano colpe, se quel ragazzino un po’ tondo e con gli occhiali che ci sorride da una foto sia morto per cause naturali o sfinito da una lunga marcia sotto il sole. Sappiamo però che stava in un posto dove tutti noi genitori lo avremmo lasciato, il campo estivo della parrocchia di Paperino, il nome del paese che oggi non suona più nemmeno buffo. Avremmo mandato i nostri ragazzi non solo perché questa maledetta estate è troppo lunga senza il porto sicuro della scuola. A un certo punto, come gli animali, anche noi dobbiamo allontanare i cuccioli, spingerli un poco alla volta nel mondo a sfidare le loro paure, ad affrontare i pericoli, gli altri compagni, la loro crescita. Anche se forse in questa lista obiettivamente non può essere ricompresa l’opzione: marcia sotto il sole a quaranta gradi. Franco non voleva andare. Voleva rimanere a casa a giocare alla playstation, quella maledetta scatola che rapisce i nostri figli tutti i giorni. E noi lì a predicare di smetterla, di uscire all’aria aperta, di farsi degli amici. Normale oggi rimpiangere quel telecomando, il computer, Facebook, il mondo virtuale. Chi ha un figlio può vivere la disperazione dei genitori di Franco, le loro domande, il tentativo di scalare lo specchio della speranza certi di precipitare nella realtà. Terribile. Immutabile. La mamma, il papà lo avranno spinto, Franco, a fare quella gita. Come avremmo fatto noi. A sfidare il caldo, la fatica, la pigrizia. Come avremmo fatto noi, immaginando di affidarli in mani responsabili. «Vai». Una parola che all’estero ci rimproverano di dire troppo poco ai nostri figli bamboccioni. «Vai». E quando poi non tornano non esiste balsamo, non esiste parola che possa confortare la perdita.
Franco era stanco quando è rimasto indietro, accaldato. Qualcuno all’inizio gli avrà ripetuto: vai. Pensando di aiutarlo a crescere. O ignorandolo. Questo lo sapremo.
E Franco è andato, insieme a tutti i nostri figli che in questi giorni sono ai campi estivi, in colonia, in parrocchia. A studiare lingue, a fare sport, a scoprire la natura, o anche solo parcheggiati. Qualcuno piange vinto dalla nostalgia, lontano dalle camerette accoglienti, dalle braccia che consolano, da Facebook e dalla play. E allora ci dicono che dobbiamo insistere, ignorare quelle lacrime. Altri si adattano, molti di divertono, felici di sperimentare l’autonomia di provare a se stessi e a mamma e papà che ce la possono fare anche da soli. E il nostro compito, anche se è dura per noi e per loro, è di dire: vai."
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Quanto è difficile dire "vai"
- FedericaF
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- R2D2
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Re: Quanto è difficile dire "vai"
a parere mio sono stati incoscienti tutti: gli organizzatori della gita ed i genitori, tutti. Non si fanno escursioni di quel tipo con 40° sotto il sole con gente impreparata.
L'articolo non mi è piaciuto.
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24.10.2007 - Per aspera ad astra
- Giulia80
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Re: Quanto è difficile dire "vai"
L'articolo non mi piace. Ci vorrebbe un po' più di pudore.
Quanto poi a lasciare andare i figli, non lo so, non ho una risposta nemmeno per me sul dove, come e quando.
Quanto poi a lasciare andare i figli, non lo so, non ho una risposta nemmeno per me sul dove, come e quando.
Francesco 21-10-09: l'indomito lunatico Elisa 24-08-11: l'allegra irosa
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Re: Quanto è difficile dire "vai"
Non lo so, quel posto, dice mio marito che lo conosce, è un poggio senza alberi. azz sono andati a farci una marcia sotto il sole anche se non era difficoltosa?? Fatela a maggio, fatela i primi di giugno! Poi se troveranno qualche altro motivo, o se fosse solo debole o un pò più cicciotto del solito.. certo che incidenti possono capitare ovunque, pure al mare o all'ombra o in pulman. comunque lo trovo un articolo poco delicato e poco utile, retorico. Organizzatori e tutti,forse è meglio badare al sodo, organizzare gite fattibili e meditate in modo migliore.
Streghettasaetta
- Ariel
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Re: Quanto è difficile dire "vai"
Qui ci sono state delle responsabilità pesanti degli adulti presenti. E questo articolo, secondo me, non vuol dire nulla perchè, se è vero che noi mamme spesso tendiamo a non tagliare il cordone ombelicale non vedo come la morte di un bambino dovrebbe incoraggiarci a farlo.
Scusate ma trovo questo articolo indelicato e superficiale.
Scusate ma trovo questo articolo indelicato e superficiale.
Arianna è nata il 1 Maggio 2007...l'emozione più splendida e intensa della mia vita
- Ari
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Re: Quanto è difficile dire "vai"
per quanto io sia addolorata da quello che è successo, di natura non sono mamma chioccia e ho letto questo articolo con gli occhi di sempre.
magari l'ho male interpretato, ma l'impressione che ho avuto è che la giornalista voglia fare due cose:
1° cercare di alleviare, per quanto sia impossibile farlo, il sicuro senso di colpa che accompagna i genitori di questo bambino
2° ricordarci che episodi come questo, pur toccando la sensibilità genitoriale di ognuno di noi, non dovrebbero diventare un alibi per tenere i nostri figli ancorati a noi
sul fatto che ci siano dei responsabili e che è giusto che paghino sono perfettamente d'accordo.
magari l'ho male interpretato, ma l'impressione che ho avuto è che la giornalista voglia fare due cose:
1° cercare di alleviare, per quanto sia impossibile farlo, il sicuro senso di colpa che accompagna i genitori di questo bambino
2° ricordarci che episodi come questo, pur toccando la sensibilità genitoriale di ognuno di noi, non dovrebbero diventare un alibi per tenere i nostri figli ancorati a noi
sul fatto che ci siano dei responsabili e che è giusto che paghino sono perfettamente d'accordo.
Arianna mamma di Sara dal 07/09/06
ho raccolto questi fiori per te per dimostrare a tutti quanto ti voglio bene
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- vassliss
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- Iscritto il: 10 dic 2007, 16:52
Re: Quanto è difficile dire "vai"
l'articolo non mi piace per mille motivi... "vai" si deve dire, ma senza mettere a rischio la sicurezza dei nostri figli e tenendo conto dell'età e della loro preparazione fisica: non puoi prendere un bambino di 10 anni dal divano e sbatterlo a marciare sotto il sole con 40° di temperatura. se ti va bene, non uscirà mai più di casa x il brutto ricordo. se ti va male...
non oso neanche lontanamente immaginare cosa provano quei poveri genitori e non so cosa sia realmente successo a quel bimbo, quindi in merito a quella storia non mi esprimo.
ma in generale... io ritengo che l'esperienza vada fatta nei tempi giusti e per gradi. riprendiamo il paragone con gli animali, riportato nell'articolo... prendendo ad esempio una gatta coi suoi gattini: lei non prende di punto in bianco i suoi cuccioli e li butta fuori dal territorio, ma passa mesi a portarseli dietro, ad istruirli, a lasciarli pian piano fare, osservandoli a distanza sempre maggiore, finché non li vede pronti. e solo allora da loro il via libera.
poi ci vorrà fortuna, intelligenza da parte dei cuccioli e tanti altri requisiti. ma se lei non sarà stata in grado di insegnare loro come sopravvivere ai pericoli, difficilmente loro impareranno da soli...
allora... io vedo spesso genitori comportarsi in maniera molto diversa da quello che la natura vorrebbe. e figli arrivare a 10, 11 anni o anche oltre con pochissime esperienze "guidate" alle spalle e molto poco allenamento alla vita, sia fisico che mentale.
secondo me invece bisognerebbe cercare di guidare i figli nelle loro esperienze, dandogli un ventaglio di possibilità più ampio possibile e osservandoli sempre, seguendoli nelle loro inclinazioni e non obbligandoli a seguire nessuna strada che non sia la loro. e soprattutto insegnando loro a riflettere sulle cose, a pensare.
perché non si può seguire un gruppo fino a morire di infarto solo perché un adulto te l'ha ordinato. la prima regola di casa mia: nessuno comanda, se non il cervello. lo ripeto a giulio con cadenza almeno quotidiana...
perché noi genitori spessissimo facciamo il grave errore di proteggere i nostri figli senza troppe spiegazioni, insegniamo loro ad ubbidire agli adulti e li rendiamo così incapaci di vedere e capire le situazioni che vivono, pericoli compresi.
è difficile fare il contrario, è difficile insegnare loro il senso critico ed è difficilissimo mantenere l'autorevolezza senza appoggiarsi all'autorità. ma se ci si riesce, le basi di partenza diventano solide e il famoso "vai" sensato.
xché il gattino cresciuto in casa appena esce si fa investire...
non oso neanche lontanamente immaginare cosa provano quei poveri genitori e non so cosa sia realmente successo a quel bimbo, quindi in merito a quella storia non mi esprimo.
ma in generale... io ritengo che l'esperienza vada fatta nei tempi giusti e per gradi. riprendiamo il paragone con gli animali, riportato nell'articolo... prendendo ad esempio una gatta coi suoi gattini: lei non prende di punto in bianco i suoi cuccioli e li butta fuori dal territorio, ma passa mesi a portarseli dietro, ad istruirli, a lasciarli pian piano fare, osservandoli a distanza sempre maggiore, finché non li vede pronti. e solo allora da loro il via libera.
poi ci vorrà fortuna, intelligenza da parte dei cuccioli e tanti altri requisiti. ma se lei non sarà stata in grado di insegnare loro come sopravvivere ai pericoli, difficilmente loro impareranno da soli...
allora... io vedo spesso genitori comportarsi in maniera molto diversa da quello che la natura vorrebbe. e figli arrivare a 10, 11 anni o anche oltre con pochissime esperienze "guidate" alle spalle e molto poco allenamento alla vita, sia fisico che mentale.
secondo me invece bisognerebbe cercare di guidare i figli nelle loro esperienze, dandogli un ventaglio di possibilità più ampio possibile e osservandoli sempre, seguendoli nelle loro inclinazioni e non obbligandoli a seguire nessuna strada che non sia la loro. e soprattutto insegnando loro a riflettere sulle cose, a pensare.
perché non si può seguire un gruppo fino a morire di infarto solo perché un adulto te l'ha ordinato. la prima regola di casa mia: nessuno comanda, se non il cervello. lo ripeto a giulio con cadenza almeno quotidiana...
perché noi genitori spessissimo facciamo il grave errore di proteggere i nostri figli senza troppe spiegazioni, insegniamo loro ad ubbidire agli adulti e li rendiamo così incapaci di vedere e capire le situazioni che vivono, pericoli compresi.
è difficile fare il contrario, è difficile insegnare loro il senso critico ed è difficilissimo mantenere l'autorevolezza senza appoggiarsi all'autorità. ma se ci si riesce, le basi di partenza diventano solide e il famoso "vai" sensato.
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♥G♥ 28/08/08
- gattina
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Re: Quanto è difficile dire "vai"
Quoto Lin... e comunque non si capisce cosa è successo, giornalaia da strapazzo il dovere di cronaca se l'è messo sotto i piedi... sarebbe da aprire un'inchiesta!
CLAUDIO 05 Nov '08 *miciofila* ~ aspirante mamma ecologica ~
RIECCOMI DOPO UNA LUNGA ASSENZA!
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- SuzieQ
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Re: Quanto è difficile dire "vai"
un articolo tremendo.
bah, non mi spreco nemmeno a descriverlo...
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I'm a Bitch I'm a Lover I'm a child I'm a Mother 2010 & 2015
Just because you're offended, doesn't mean you're right ( R.Gervais)
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