Elisa e la sua mamma
Inviato: 11 set 2011, 14:41
Non vedevo l'ora di raccontarlo questo viaggio lungo, faticoso e meraviglioso... e adesso, mentre i nani dormono (sperando che duri), metto insieme un racconto che sto cercando di scrivere da tre settimane, su tre pc diversi con tastiere diverse, e in ore improbabili. Mi scuserete quindi se troverete strafalcioni, apostrofi al posto di accenti e amenità varie...
Questa volta la storia comincia nel tardo autunno, una sera che dovrei ricominciare la pillola e mio marito prende il pacchetto al posto mio e lo richiude in un cassetto. "Ci riproviamo?", chiede. Sono incredula e dico subito di sì. Dopo una visita recente in cui due medici sostenevano che dovevamo rivolgerci al centro fertilità se avessimo voluto altri figli, convinti che ci sarebbe voluto tantissimo, che Francesco forse sarebbe rimasto figlio unico... Elisa è arrivata in un baleno alla faccia dei catastrofisti!
E in un momento anche delicato, con le condizioni del mio contratto in discussione a fine anno, mi son trovata con un test di gravidanza positivo in mano, in ufficio dove non potevo parlare con nessuno, con mio marito lontano, appena usciti da un periodaccio di malattie e ospedale del nostro primogenito.
Ero attonita. E felice. E piena di paure. Prima tra tutte, per ridicolo che sia, dare la notizia ai nonni.
Lo dico a Antonio, che impazzisce definitivamente e comincia a chiedermi se secondo me questa volta sarà una bimba.
Comincio a vomitare e nel giro di qualche giorno lo diciamo anche a casa, perchè il mio malessere stava diventando inoccultabile. Reazioni attese: siete pazzi, come ve la caverete con sue figli così vicini, ma non potevate starci attenti??? Ecco, ci tengo a dire che quegli stessi nonni adesso sono completamente rimbecilliti davanti alla nipotina e per ora hanno smesso di chiedermi se penso di farmi legare le tube...
I primi di gennaio la prima ecografia. C'è. Il cuore batte fortissimo. Che emozione, mi ricordo di quando aspettavo Francesco, del turbine di emozioni in cui mi ero trovata. Che bello.
Subito discuto con il mio medico la possibilità di un VBAC. Il parto di Francesco è finito in un cesareo d'urgenza, con il battito del bambino che spariva ad ogni contrazione. Un cesareo fatto con me vestita tanto si era di fretta e che mi ha lasciato in bocca tutto l'amaro della paura e tutta la frustrazione di non essere riuscita a far nascere mio figlio.
Il mio ginecologo è possibilista: dice che dobbiamo vedere come va, ma che secondo lui si può fare. Mi appoggia in pieno, dice che capisce la mia frustrazione per l'esperienza precedente e che mi aiuterà il più possibile. E così sarà, fino all'ultimo.
I mesi trascorrono lenti, una gravidanza da manuale, con tanta nausea e tantissimo vomito, tanta stanchezza e tanta contentezza nel vedere questa panciona crescere e nel sentire il mio pesciolino muoversi. Poi ci dicono che è una bambina. Si chiama Elisa, ce lo dice lei una sera che le diciamo i nomi, e lei scalcia quando la chiamiamo così. E sia. Elisa.
Ma poi arrivano le 35 settimane e la nana è ancora podalica. Tra mille dubbi e paure decidiamo per la manovra di rivolgimento, altrimenti la porta del VBAC è chiusa per sempre. Ci proviamo e la manovra riesce con molte parolacce mie, ma senza danni, a 37 settimane.
Ma da lì la situazione degenera. La bambina che fino ad allora era bella grossina, comincia a non crescere più bene, il liquido scarseggia, cominciano i monitoraggi e non sono brillanti. Andiamo avanti così una decina di giorni, in cui io e Antonio perdiamo il sonno, sempre più incerti sul da farsi. Mi controllano tantissimo e questo in parte mi tranquillizza, ma mi fa sentire un po' appesa a un filo. Se mi controllano così è perchè la situazione non è rosea.
Alla fine decido io. Chiamo il medico e gli dico che non me la sento di andare avanti così, che mi sembra di rischiare troppo, che se fino a due settimane prima c'erano buone possibilità per un VBAC, ho la sensazione che la situazione si sia rovesciata e che le probabilità di finire di nuovo in un cesareo d'urgenza abbiano abbondantemente sorpassato quelle di un parto naturale. Non solo: ho la sensazione di mettere a rischio mia figlia, e questo non posso farlo. Volevo tantissimo un parto naturale, lo volevo per riconciliarmi con la mia idea di maternità, che mi è sembrato di non aver mai vissuto fino in fondo. Ma non a questo prezzo. Non posso. Passa tutto in secondo piano e lì capisco, finalmente, che anche per me la maternità è compiuta. Si compie così, quando sospirando capisco che non importa nulla come mia figlia verrà al mondo, ma solo che io l'ho voluta e la voglio più di qualsiasi altra cosa. è lei che fa prendere forma a tutto; è lei che mi fa capire; è lei, solo lei.
Il mio ginecologo mi appoggia subito. Mi è venuto poi a trovare in reparto e mi ha detto che non voleva influenzarmi troppo perchè sapeva che ci tenevo, ma che era preoccupato e lui sarebbe stato favorevole al cesareo già da qualche giorno, dopo aver visto gli ultimi monitoraggi; non la considerava una situazione davvero a rischio, altrimenti avrebbe proposto lui di intervenire, ma comunque non era tranquillo.
E alla fine ci chiamano, il cesareo è fissato per mercoledì 24 agosto, il giorno del trentunesimo compleanno del papà, che ormai di compleanni ne ha festeggiati trenta e con quelli ha finito: da adesso la giornata non è più sua.
Il mercoledi' mattina partiamo, in ospedale mi attaccano al monitoraggio, ci ricontrollano da capo a piedi. Io e Antonio siamo emozionati e un po' impauriti. A mezzogiorno ci dicono che scendiamo. In sala operatoria ci sono l'anastesista e il suo assistente che sono davvero gentili e durante tutta l'operazione si danno molto da fare per farmi stare tranquilla, raccontandomi tutto quello che succede. Antonio e' con me, mi accarezza la testa e sta concentratissimo per evitare di guardare oltre la tendina. Di colpo sento che mi frugano nella pancia, sento tirare e poi la sento piangere.
E così, all'una e cinque del pomeriggio del 24 agosto 2011, nasce Elisa.
Da li' non capisco più niente: l'anestesista continua a parlare, ma non lo sento. Vedo solo lei, accanto a me, che viene pulita e visitata. Sento Antonio che esclama "ma è uguale a Francesco!!!", la vedo paonazza, che strilla come un aquilotto. Poi me la portano vicina, la tocco, la bacio, le parlo e le dico di stare traquilla e lei non piange più. Nel giro di poco mi ricuciono e ci portano tutti e tre nella saletta di osservazione, dove la stessa infermiera che si era presa cura di noi quando è nato Francesco, mi aiuta ad attaccarla al seno. E lei ciuccia come una disperata, con un forza insospettabile. E' bella bella bella. Il suo papà è partito definitivamente, non sembra nemmeno lui tanto è emozionato.
E adesso siamo noi quattro.
Torniamo in camera, sono tutta intorpidita e nel giro di poco l'anestesia sparisce per lasciare spazio al male. Ma sono talmente contenta che non fa niente.
Arrivano i nonni a vedere la nuova nata e poco dopo arriva anche Francesco. Vederli insieme è stato il momento più... più. Non so dirlo e non ci provo nemmeno.
E adesso sono qui e penso ai miei bambini, a come sono diversi, uno così iroso e l'altra così quieta, lui che ha avuto una nascita così sofferta e lei che è tutta bianca e rosa, e allo stesso tempo a come, nel mio cuore, sono assolutamente identici. E penso a come io sto vivendo il loro arrivo: Francesco è stato un'emozione travolgente, che non ha lasciato spazio per nient'altro; Elisa è una tenerezza differente. Non minore, di certo no; ma non cosi' violenta. Lei è la mia consapevolezza di madre.
Questo è il regalo che mi ha fatto la mia bambina: mi ha fatto capire, oltre che sentire, che sono mamma. Grazie mio amore.
Questa volta la storia comincia nel tardo autunno, una sera che dovrei ricominciare la pillola e mio marito prende il pacchetto al posto mio e lo richiude in un cassetto. "Ci riproviamo?", chiede. Sono incredula e dico subito di sì. Dopo una visita recente in cui due medici sostenevano che dovevamo rivolgerci al centro fertilità se avessimo voluto altri figli, convinti che ci sarebbe voluto tantissimo, che Francesco forse sarebbe rimasto figlio unico... Elisa è arrivata in un baleno alla faccia dei catastrofisti!
E in un momento anche delicato, con le condizioni del mio contratto in discussione a fine anno, mi son trovata con un test di gravidanza positivo in mano, in ufficio dove non potevo parlare con nessuno, con mio marito lontano, appena usciti da un periodaccio di malattie e ospedale del nostro primogenito.
Ero attonita. E felice. E piena di paure. Prima tra tutte, per ridicolo che sia, dare la notizia ai nonni.
Lo dico a Antonio, che impazzisce definitivamente e comincia a chiedermi se secondo me questa volta sarà una bimba.
Comincio a vomitare e nel giro di qualche giorno lo diciamo anche a casa, perchè il mio malessere stava diventando inoccultabile. Reazioni attese: siete pazzi, come ve la caverete con sue figli così vicini, ma non potevate starci attenti??? Ecco, ci tengo a dire che quegli stessi nonni adesso sono completamente rimbecilliti davanti alla nipotina e per ora hanno smesso di chiedermi se penso di farmi legare le tube...
I primi di gennaio la prima ecografia. C'è. Il cuore batte fortissimo. Che emozione, mi ricordo di quando aspettavo Francesco, del turbine di emozioni in cui mi ero trovata. Che bello.
Subito discuto con il mio medico la possibilità di un VBAC. Il parto di Francesco è finito in un cesareo d'urgenza, con il battito del bambino che spariva ad ogni contrazione. Un cesareo fatto con me vestita tanto si era di fretta e che mi ha lasciato in bocca tutto l'amaro della paura e tutta la frustrazione di non essere riuscita a far nascere mio figlio.
Il mio ginecologo è possibilista: dice che dobbiamo vedere come va, ma che secondo lui si può fare. Mi appoggia in pieno, dice che capisce la mia frustrazione per l'esperienza precedente e che mi aiuterà il più possibile. E così sarà, fino all'ultimo.
I mesi trascorrono lenti, una gravidanza da manuale, con tanta nausea e tantissimo vomito, tanta stanchezza e tanta contentezza nel vedere questa panciona crescere e nel sentire il mio pesciolino muoversi. Poi ci dicono che è una bambina. Si chiama Elisa, ce lo dice lei una sera che le diciamo i nomi, e lei scalcia quando la chiamiamo così. E sia. Elisa.
Ma poi arrivano le 35 settimane e la nana è ancora podalica. Tra mille dubbi e paure decidiamo per la manovra di rivolgimento, altrimenti la porta del VBAC è chiusa per sempre. Ci proviamo e la manovra riesce con molte parolacce mie, ma senza danni, a 37 settimane.
Ma da lì la situazione degenera. La bambina che fino ad allora era bella grossina, comincia a non crescere più bene, il liquido scarseggia, cominciano i monitoraggi e non sono brillanti. Andiamo avanti così una decina di giorni, in cui io e Antonio perdiamo il sonno, sempre più incerti sul da farsi. Mi controllano tantissimo e questo in parte mi tranquillizza, ma mi fa sentire un po' appesa a un filo. Se mi controllano così è perchè la situazione non è rosea.
Alla fine decido io. Chiamo il medico e gli dico che non me la sento di andare avanti così, che mi sembra di rischiare troppo, che se fino a due settimane prima c'erano buone possibilità per un VBAC, ho la sensazione che la situazione si sia rovesciata e che le probabilità di finire di nuovo in un cesareo d'urgenza abbiano abbondantemente sorpassato quelle di un parto naturale. Non solo: ho la sensazione di mettere a rischio mia figlia, e questo non posso farlo. Volevo tantissimo un parto naturale, lo volevo per riconciliarmi con la mia idea di maternità, che mi è sembrato di non aver mai vissuto fino in fondo. Ma non a questo prezzo. Non posso. Passa tutto in secondo piano e lì capisco, finalmente, che anche per me la maternità è compiuta. Si compie così, quando sospirando capisco che non importa nulla come mia figlia verrà al mondo, ma solo che io l'ho voluta e la voglio più di qualsiasi altra cosa. è lei che fa prendere forma a tutto; è lei che mi fa capire; è lei, solo lei.
Il mio ginecologo mi appoggia subito. Mi è venuto poi a trovare in reparto e mi ha detto che non voleva influenzarmi troppo perchè sapeva che ci tenevo, ma che era preoccupato e lui sarebbe stato favorevole al cesareo già da qualche giorno, dopo aver visto gli ultimi monitoraggi; non la considerava una situazione davvero a rischio, altrimenti avrebbe proposto lui di intervenire, ma comunque non era tranquillo.
E alla fine ci chiamano, il cesareo è fissato per mercoledì 24 agosto, il giorno del trentunesimo compleanno del papà, che ormai di compleanni ne ha festeggiati trenta e con quelli ha finito: da adesso la giornata non è più sua.
Il mercoledi' mattina partiamo, in ospedale mi attaccano al monitoraggio, ci ricontrollano da capo a piedi. Io e Antonio siamo emozionati e un po' impauriti. A mezzogiorno ci dicono che scendiamo. In sala operatoria ci sono l'anastesista e il suo assistente che sono davvero gentili e durante tutta l'operazione si danno molto da fare per farmi stare tranquilla, raccontandomi tutto quello che succede. Antonio e' con me, mi accarezza la testa e sta concentratissimo per evitare di guardare oltre la tendina. Di colpo sento che mi frugano nella pancia, sento tirare e poi la sento piangere.
E così, all'una e cinque del pomeriggio del 24 agosto 2011, nasce Elisa.
Da li' non capisco più niente: l'anestesista continua a parlare, ma non lo sento. Vedo solo lei, accanto a me, che viene pulita e visitata. Sento Antonio che esclama "ma è uguale a Francesco!!!", la vedo paonazza, che strilla come un aquilotto. Poi me la portano vicina, la tocco, la bacio, le parlo e le dico di stare traquilla e lei non piange più. Nel giro di poco mi ricuciono e ci portano tutti e tre nella saletta di osservazione, dove la stessa infermiera che si era presa cura di noi quando è nato Francesco, mi aiuta ad attaccarla al seno. E lei ciuccia come una disperata, con un forza insospettabile. E' bella bella bella. Il suo papà è partito definitivamente, non sembra nemmeno lui tanto è emozionato.
E adesso siamo noi quattro.
Torniamo in camera, sono tutta intorpidita e nel giro di poco l'anestesia sparisce per lasciare spazio al male. Ma sono talmente contenta che non fa niente.
Arrivano i nonni a vedere la nuova nata e poco dopo arriva anche Francesco. Vederli insieme è stato il momento più... più. Non so dirlo e non ci provo nemmeno.
E adesso sono qui e penso ai miei bambini, a come sono diversi, uno così iroso e l'altra così quieta, lui che ha avuto una nascita così sofferta e lei che è tutta bianca e rosa, e allo stesso tempo a come, nel mio cuore, sono assolutamente identici. E penso a come io sto vivendo il loro arrivo: Francesco è stato un'emozione travolgente, che non ha lasciato spazio per nient'altro; Elisa è una tenerezza differente. Non minore, di certo no; ma non cosi' violenta. Lei è la mia consapevolezza di madre.
Questo è il regalo che mi ha fatto la mia bambina: mi ha fatto capire, oltre che sentire, che sono mamma. Grazie mio amore.