Elettra, nata due volte...
Inviato: 28 ago 2011, 12:24
Mi accingo a scrivere questo racconto dopo averne letti moltissimi qui su GOL e, dopo tutte le emozioni che mi avete regalato, vorrei riuscire a trasmettervi le mie riguardo alla nascita della mia prima piccina, Elettra.
Ho avuto una gravidanza esemplare, nessun disturbo, nessun problema, pochi kg presi, ottimo l'umore, nessuno sbalzo ormonale da manicomio... Insomma, tutto da manuale fino al 14 agosto. Dopo che i miei suoceri sono venuti a pranzo, decido di misurarmi la pressione poiché la ginecologa mi aveva detto di tenerla sotto controllo e così scopro di averla alta, decisamente alta. Io e il socio decidiamo di andare al PS, sempre meglio uno scrupolo in più che uno in meno in fondo! Mi ricoverano. Che strano, in tanti modi avevo sognato il momento in cui sarebbe arrivata la mia bambina, ma mai avevo pensato che mi avrebbero ricoverata in H per qualche problematica... Iniziano a passare i giorni tra analisi del sangue, medicinali, misurazioni della pressione e monitoraggi, finché il mercoledì mi chiamano in sala travaglio per il solito tracciato serale. Ero tranquillissima, in camera mi stavo quasi addormentando e coccolavo la mia pancia consapevole che nel giro di pochi giorni avrei potuto conoscere il frutto dell'amore tra me e mio marito. Immaginavo i dolori del parto, l'induzione che pensavo mi avrebbero fatto, il momento esatto in cui avrebbero appoggiato sul mio petto quell'esserino strillante e bagnato, gli occhi emozionati di mio marito che incontravano i miei...
Cullata da questi pensieri stavo sdraiata su un fianco con il doppler attaccato, controllavo le contrazioni e il battito regolare e veloce della mia piccina. Ad un certo punto entra un dottore mai incontrato prima, il nefrologo, che mi visita velocemente, mi misura la pressione, mi fa alcune domande e se ne va. Dopo pochi minuti entra in chirurgo ginecologo di turno e mi dice: "Signora, io tra un'ora la opero. Potrei anche indurle il parto, ma nella sua situazione è consigliabile un cesareo, così siamo sicuri che la bambina nasca subito! Chiami un parente, ho bisogno di parlare con qualcuno" e com'era arrivato nella stanza se ne va. Rimango sola e nel panico più totale. No, il cesareo NO! Io che non volevo nemmeno l'epidurale, che sognavo il parto più naturale possibile, che avevo comprato libri, seguito il corso pre-parto con mio marito, massaggiato il perineo... No, non ci potevo credere! In quel momento non riuscivo a gioire per l'imminente nascita della mia stellina, provavo solo dolore e frustrazione. Dopo una telefonata angosciata a mio marito e una disperata a mia mamma, il socio arriva di volata, proprio mentre l'ostetrica mi stava preparando psicologicamente a ciò che mi attendeva e l'anestesista mi spiegava cosa mi avrebbe fatto. Avevo paura. Troppa per essere felice. Mi portano in sala operatoria, nessun viso conosciuto tra i tanti che mi circondavano, solo una fredda luce e un lettino in cui mi sentivo legata come in croce. Mi fanno l'anestesia, inizia l'operazione. Sento tutto, immagino cosa sta succedendo del mio corpo e il pensiero va a mio marito che aspetta fuori quell'ora infinita. Ad un certo punto sento un vagito e poi un pianto forte, una voce mai sentita ma che mi sembrava di riconoscere, che era familiare in qualche maniera, rassicurante. E inizio a piangere. Mi portano la mia bambina, ma l'anestesia mi fa stare male, non respiro, mi sento svenire. L'emozione è tanta, il vederla, il baciarla, osservare che smette di piangere appena sente la mia voce... ma no, non riesco a provare quell'emozione che ho sognato tante volte, l'anestesia ha il sopravvento. Portano la piccola a mio marito, sono sollevata, almeno lui si tranquillizzerà un po'... Mi ricuciono e mi portano in stanza, ma i miei amori non sono ancora arrivati, minuti interminabili ci separano ancora. Poi li vedo, mio marito sembra tornato da un turno massacrante di lavoro in miniera, nei suoi occhi leggo preoccupazione e angoscia, la piccola sta bene, la cullo, la bacio, la stringo...
Eppure l'anestesia è ancora troppo forte, non posso alzarmi dal letto, non riesco a godermi il momento, non sono capace di provare solo gioia infinita... Passo un intero giorno così, in una sorta di limbo ovattato in cui io mi sento distante da tutto e da tutti, in cui le ore volano e il tempo sembra non esistere.
Poi mi sveglio la mattina e tutto cambia. Vedo la mia bambina. La vedo davvero per la prima volta e la amo, la amo da morire, la amo con tutto il cuore. E le chiedo scusa per non averla accolta nel mondo come avrei voluto, per non essere stata in grado di portarla dentro di me fino alla fine senza problemi, per non averla sentita fin da subito. E' bellissima, ha i tratti di mio marito, sembra un fiore da quanto è delicata, ha un odore buonissimo che conforta l'anima ed è nostra, è noi, è la summa del nostro amore. E capisco che da adesso in poi vivremo per lei, la proteggeremo da ogni cosa, le terremo la mano finché non sarà pronta a camminare da sola per la strada della vita.
Adesso che siamo a casa capisco che non ci manca davvero più nulla e che la famiglia che siamo è forte come una roccia, fondata su quell'amore vero, puro, profondo che ogni bambina sogna di trovare. Elettra, ti insegneremo ad essere amata e ad amare, adesso il dolore è lontano e siamo pronti davvero a viverti.
Ti amo con tutto il cuore mia piccola principessina.
Ho avuto una gravidanza esemplare, nessun disturbo, nessun problema, pochi kg presi, ottimo l'umore, nessuno sbalzo ormonale da manicomio... Insomma, tutto da manuale fino al 14 agosto. Dopo che i miei suoceri sono venuti a pranzo, decido di misurarmi la pressione poiché la ginecologa mi aveva detto di tenerla sotto controllo e così scopro di averla alta, decisamente alta. Io e il socio decidiamo di andare al PS, sempre meglio uno scrupolo in più che uno in meno in fondo! Mi ricoverano. Che strano, in tanti modi avevo sognato il momento in cui sarebbe arrivata la mia bambina, ma mai avevo pensato che mi avrebbero ricoverata in H per qualche problematica... Iniziano a passare i giorni tra analisi del sangue, medicinali, misurazioni della pressione e monitoraggi, finché il mercoledì mi chiamano in sala travaglio per il solito tracciato serale. Ero tranquillissima, in camera mi stavo quasi addormentando e coccolavo la mia pancia consapevole che nel giro di pochi giorni avrei potuto conoscere il frutto dell'amore tra me e mio marito. Immaginavo i dolori del parto, l'induzione che pensavo mi avrebbero fatto, il momento esatto in cui avrebbero appoggiato sul mio petto quell'esserino strillante e bagnato, gli occhi emozionati di mio marito che incontravano i miei...
Cullata da questi pensieri stavo sdraiata su un fianco con il doppler attaccato, controllavo le contrazioni e il battito regolare e veloce della mia piccina. Ad un certo punto entra un dottore mai incontrato prima, il nefrologo, che mi visita velocemente, mi misura la pressione, mi fa alcune domande e se ne va. Dopo pochi minuti entra in chirurgo ginecologo di turno e mi dice: "Signora, io tra un'ora la opero. Potrei anche indurle il parto, ma nella sua situazione è consigliabile un cesareo, così siamo sicuri che la bambina nasca subito! Chiami un parente, ho bisogno di parlare con qualcuno" e com'era arrivato nella stanza se ne va. Rimango sola e nel panico più totale. No, il cesareo NO! Io che non volevo nemmeno l'epidurale, che sognavo il parto più naturale possibile, che avevo comprato libri, seguito il corso pre-parto con mio marito, massaggiato il perineo... No, non ci potevo credere! In quel momento non riuscivo a gioire per l'imminente nascita della mia stellina, provavo solo dolore e frustrazione. Dopo una telefonata angosciata a mio marito e una disperata a mia mamma, il socio arriva di volata, proprio mentre l'ostetrica mi stava preparando psicologicamente a ciò che mi attendeva e l'anestesista mi spiegava cosa mi avrebbe fatto. Avevo paura. Troppa per essere felice. Mi portano in sala operatoria, nessun viso conosciuto tra i tanti che mi circondavano, solo una fredda luce e un lettino in cui mi sentivo legata come in croce. Mi fanno l'anestesia, inizia l'operazione. Sento tutto, immagino cosa sta succedendo del mio corpo e il pensiero va a mio marito che aspetta fuori quell'ora infinita. Ad un certo punto sento un vagito e poi un pianto forte, una voce mai sentita ma che mi sembrava di riconoscere, che era familiare in qualche maniera, rassicurante. E inizio a piangere. Mi portano la mia bambina, ma l'anestesia mi fa stare male, non respiro, mi sento svenire. L'emozione è tanta, il vederla, il baciarla, osservare che smette di piangere appena sente la mia voce... ma no, non riesco a provare quell'emozione che ho sognato tante volte, l'anestesia ha il sopravvento. Portano la piccola a mio marito, sono sollevata, almeno lui si tranquillizzerà un po'... Mi ricuciono e mi portano in stanza, ma i miei amori non sono ancora arrivati, minuti interminabili ci separano ancora. Poi li vedo, mio marito sembra tornato da un turno massacrante di lavoro in miniera, nei suoi occhi leggo preoccupazione e angoscia, la piccola sta bene, la cullo, la bacio, la stringo...
Eppure l'anestesia è ancora troppo forte, non posso alzarmi dal letto, non riesco a godermi il momento, non sono capace di provare solo gioia infinita... Passo un intero giorno così, in una sorta di limbo ovattato in cui io mi sento distante da tutto e da tutti, in cui le ore volano e il tempo sembra non esistere.
Poi mi sveglio la mattina e tutto cambia. Vedo la mia bambina. La vedo davvero per la prima volta e la amo, la amo da morire, la amo con tutto il cuore. E le chiedo scusa per non averla accolta nel mondo come avrei voluto, per non essere stata in grado di portarla dentro di me fino alla fine senza problemi, per non averla sentita fin da subito. E' bellissima, ha i tratti di mio marito, sembra un fiore da quanto è delicata, ha un odore buonissimo che conforta l'anima ed è nostra, è noi, è la summa del nostro amore. E capisco che da adesso in poi vivremo per lei, la proteggeremo da ogni cosa, le terremo la mano finché non sarà pronta a camminare da sola per la strada della vita.
Adesso che siamo a casa capisco che non ci manca davvero più nulla e che la famiglia che siamo è forte come una roccia, fondata su quell'amore vero, puro, profondo che ogni bambina sogna di trovare. Elettra, ti insegneremo ad essere amata e ad amare, adesso il dolore è lontano e siamo pronti davvero a viverti.
Ti amo con tutto il cuore mia piccola principessina.