E il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette.... La nascita di Stefano.
Inviato: 27 ago 2011, 16:36
Caro Stefano,
Posso dire che da quando sei nato non faccio altro che guardarti. Ti guardo mentre dormi, mentre sei sveglio, quando ti allatto. Guardo te, il figlio maschio dei miei trentatre anni, innamorata. Amo in te quello che mi spaventava quando ti aspettavo, il diverso da me, quel senso di estraneità e seduzione che mi ha fatto desiderare i primi mesi di gravidanza di avere un’altra bambina e che poi ha fatto in modo che ti aspettassi in modo ardente. Amo in te il fatto di avermi dimostrato che si, potevo amare un altro figlio come amo Alice. Posso dichiarare all’alba dei trentatre anni di cui sopra di essere innamorata. Del tuo piccolo broncio e dei tuoi grandi occhi, del modo in cui ti aggrappi al mio corpo come ti aggrappavi prima, da dentro. Aspettarti è stata una sfida continua. Aspettarti è stato faticoso, come attraversare un bosco buio. Aspettarti col senno di ora è stato giusto così: le cose più belle richiedono fatica ed è lo sforzo della salita che contempliamo dall’alto della vetta no? Dopo tutto passa, ci si bea del risultato e allora non ti parlerò dei miei problemi di salute, della fatica, dell’ipertensione, del riposo forzato, dell’inventarmi ogni giorno un modo nuovo di fare le cose di sempre per gestire anche te dentro di me. Ti parlerò invece di quando sei nato, figlio nostro e della vampa d’agosto come in un libro di Camilleri.
Sei rimasto a secco, caro mio. In tre giorni l’acqua nella tua boccia di pesce rosso si è dimezzata poi ridotta ancora. Senza acqua i pesciolini soffrono. Quando avrai una cultura classica saprai identificare al volo il significato della parola oligoamnios: per me in quei giorni roventi ha avuto un solo sinonimo. Fretta. Fretta di tirarti fuori di li. Sono stata trattenuta in ospedale dopo uno dei monitoraggi: dovevo essere soltanto tenuta in osservazione ma sabato 13 il primario mi ha convocato e con una faccia seria seria mi ha detto: "Dobbiamo far partire questo parto.” "Ho paura, l'altra volta sono stata sotto stimolazione due giorni e per partorire alla fine ce ne sono voluti tre." Lui mi ha guardato da dietro le le lenti e mi ha detto "Non hai capito: non abbiamo tutto questo tempo! Ti stimolo oggi e se non parte niente facciamo il cesareo!" GULP! Fretta, fretta, fretta. Primo gel alle 14, secondo alle 17 poi poichè non avevo nessun sintomo e stavo tanto bene da dormire beata al fresco del box parto mi hanno rimandato in camera e dato la cena. Sono andata a dormire già nella certezza del bisturi e della sala operatoria, senza un minimo segnale che nulla stesse cambiando. Per fortuna la natura sa quello che deve fare. Alle due mi sono alzata a sedere sul letto per una fitta fortissima alla pancia: eri tu, amore mio, che iniziavi a prendere in considerazione l’idea di uscire dalla boccia! Poi tutto veloce e te lo racconto proprio com’è stato, perché tra qualche anno dovrai stare vicino alla donna che mi renderà nonna ed è giusto che tu sappia come vanno queste cose.
Mi ha visitata l'ostetrica e iniziava a modificarsi qualcosa. Monitoraggio. Sono andata in bagno verso le 4 e la tua boccia aveva perso il tappo. Alle 6 faccio un altro monitoraggio con i dolori sopportabili ma forti. Alle 8 piegata in due mi faccio visitare e scopro che sono di 3 cm. Alle 9.30 per non farmi continuare a lamentarmi in camera mi hanno portato al box parto e poi tutto sempre più veloce.... Alle 10 ero di 6 cm e parlavo ancora al telefono con la dottoressa che si è messa a piangere dall’emozione; alle 11 di 8 cm ed ero ancora bella tranquilla con la mia bella respirazione zen e tutto il resto. Intorno a mezzogiorno una vocina dentro di me ha iniziato a dire: "Oh, ma devi spingere!" e l'ostetrica mi ha detto che mancava ancora un mezzo cm ma c’eravamo quasi. La tranquillità però nel frattempo se n’è andata ed ho cominciato a strillare "Osteeeeetricaaaaaa! IO NON CE LA FACCIO PIUUUUUU'!"….a tuo padre ho dato anche un morso! L'ostetrica Lorena ha detto che mancava ancora pochissimo ma poi l’ho sentita dire all’altra ostetrica: "Per me è a dilatazione completa ma il bambino non scende....."
Risultato? Eri li, pronto a fare il tuo ingresso nel mondo ma con il cordone corto e serrato al collo che ti teneva ancora ancorato a me. In eco sembrava un giro lasso di funicolo, invece era un bel cappio. Non riuscivi a scendere, a lasciarmi. Mi hanno messo sul lettino e mi hanno detto: "Se senti di spingere spingi ma è ancora in alto...." mentre in realtà di fatto stavi facendo lo yo-yo. Il mio piccolo bungee jumper. Contrazione e spinta.... 1 cm fuori e 1 cm dentro e a fine contrazione ero da capo. Mi son fatta quasi due ore così per te, amore mio. Ricordatene quando da adolescente, con le tue giustissime e ormonali ragioni, mi tratterai male. L'ostetrica ha sentito il tuo battito continuamente per accertarci che tutto andasse bene e ha tagliato per aiutare le cose finchè avanza pian pianino (altro che respirazione, a questo punto ho strillato cose che le tue orecchie di bimbo non dovrebbero sentire fino alla maggiore età) hai messo la capoccetta fuori e l'ostetrica.....zac, ha tagliato il cordone. Due spintucce da niente, ormai, e sei sgusciato fuori. Eri blu, quasi nero, non piangevi e sia io che il tuo papà ci siamo spaventati molto mentre l'ostetrica e i dottori si muovevano veloci intorno a te. Ma poi hai strillato e fatto sia la pipì che la cacca sulla neonatologa: eri vivo e bello arrabbiato dell’esperienza appena vissuta, altrochè! Fuori splendeva il sole del giorno prima di Ferragosto, erano le due e e 41 di pomeriggio e la radio mandava La leva calcistica del ’69 di Francesco De Gregori. In pieno solleone eri finalmente tra le mie braccia.
“E il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette….” Altro che spalle strette! Le ostetriche ora ridevano e facevano il toto peso per questo bambinone meraviglioso dalla testa piena di riccioli. 3 chili 920 grammi di bellezza. Il mio grande amore, il mio maschietto, il mio principe ranocchio! Le due ore che ci hanno lasciato insieme e soli, io te ed il tuo papà, sono state un momento unico...e tuo papà per l’emozione è andato via, dopo, portandosi via il tuo cambio invece di lasciarcelo, e la puericultrice del nido “Poverello, sto bimbo, lo lasciamo nudo???”
I giorni successivi ce li siamo fatti in un ospedale rovente perché lo streptococco che io non ho potuto curare lo hai scontato tu. Cinque giorni di punture di penicillina nelle gambe, povero amore bucherellato. E per fortuna la Provvidenza ha mandato subito il latte: alla fine la puntura te la facevano in braccio a me, in modo da darti subito una dose consolatoria di tetta. Però ci sono state anche cose belle, come Alice che ti è venuta a conoscere la mattina di Ferragosto portando in dono un girasole, zio Simone che ci ha portato il gelato in corsia, i nonni sempre presenti in modo commovente oppure le chiacchiere affettuose con le altre mamme della stanza. Incredibile come scatti la confidenza immediata, a condividere qualcosa di tanto bello come la nascita di un figlio. Alla fine quando siamo usciti, a riveder le stelle, quasi quasi tutto quanto appena vissuto mi mancava. Mi mancavano le notti di luce azzurra e fioca dell’ospedale, le cene alle 6 e le scappatelle al distributore alle 10, mi mancava la pancia.
Ma poi guardo te, che dormi accanto a tua sorella e penso che no. Non mi manca
proprio niente. Sogni d’oro principe ranocchio.
La tua mamma.
Posso dire che da quando sei nato non faccio altro che guardarti. Ti guardo mentre dormi, mentre sei sveglio, quando ti allatto. Guardo te, il figlio maschio dei miei trentatre anni, innamorata. Amo in te quello che mi spaventava quando ti aspettavo, il diverso da me, quel senso di estraneità e seduzione che mi ha fatto desiderare i primi mesi di gravidanza di avere un’altra bambina e che poi ha fatto in modo che ti aspettassi in modo ardente. Amo in te il fatto di avermi dimostrato che si, potevo amare un altro figlio come amo Alice. Posso dichiarare all’alba dei trentatre anni di cui sopra di essere innamorata. Del tuo piccolo broncio e dei tuoi grandi occhi, del modo in cui ti aggrappi al mio corpo come ti aggrappavi prima, da dentro. Aspettarti è stata una sfida continua. Aspettarti è stato faticoso, come attraversare un bosco buio. Aspettarti col senno di ora è stato giusto così: le cose più belle richiedono fatica ed è lo sforzo della salita che contempliamo dall’alto della vetta no? Dopo tutto passa, ci si bea del risultato e allora non ti parlerò dei miei problemi di salute, della fatica, dell’ipertensione, del riposo forzato, dell’inventarmi ogni giorno un modo nuovo di fare le cose di sempre per gestire anche te dentro di me. Ti parlerò invece di quando sei nato, figlio nostro e della vampa d’agosto come in un libro di Camilleri.
Sei rimasto a secco, caro mio. In tre giorni l’acqua nella tua boccia di pesce rosso si è dimezzata poi ridotta ancora. Senza acqua i pesciolini soffrono. Quando avrai una cultura classica saprai identificare al volo il significato della parola oligoamnios: per me in quei giorni roventi ha avuto un solo sinonimo. Fretta. Fretta di tirarti fuori di li. Sono stata trattenuta in ospedale dopo uno dei monitoraggi: dovevo essere soltanto tenuta in osservazione ma sabato 13 il primario mi ha convocato e con una faccia seria seria mi ha detto: "Dobbiamo far partire questo parto.” "Ho paura, l'altra volta sono stata sotto stimolazione due giorni e per partorire alla fine ce ne sono voluti tre." Lui mi ha guardato da dietro le le lenti e mi ha detto "Non hai capito: non abbiamo tutto questo tempo! Ti stimolo oggi e se non parte niente facciamo il cesareo!" GULP! Fretta, fretta, fretta. Primo gel alle 14, secondo alle 17 poi poichè non avevo nessun sintomo e stavo tanto bene da dormire beata al fresco del box parto mi hanno rimandato in camera e dato la cena. Sono andata a dormire già nella certezza del bisturi e della sala operatoria, senza un minimo segnale che nulla stesse cambiando. Per fortuna la natura sa quello che deve fare. Alle due mi sono alzata a sedere sul letto per una fitta fortissima alla pancia: eri tu, amore mio, che iniziavi a prendere in considerazione l’idea di uscire dalla boccia! Poi tutto veloce e te lo racconto proprio com’è stato, perché tra qualche anno dovrai stare vicino alla donna che mi renderà nonna ed è giusto che tu sappia come vanno queste cose.
Mi ha visitata l'ostetrica e iniziava a modificarsi qualcosa. Monitoraggio. Sono andata in bagno verso le 4 e la tua boccia aveva perso il tappo. Alle 6 faccio un altro monitoraggio con i dolori sopportabili ma forti. Alle 8 piegata in due mi faccio visitare e scopro che sono di 3 cm. Alle 9.30 per non farmi continuare a lamentarmi in camera mi hanno portato al box parto e poi tutto sempre più veloce.... Alle 10 ero di 6 cm e parlavo ancora al telefono con la dottoressa che si è messa a piangere dall’emozione; alle 11 di 8 cm ed ero ancora bella tranquilla con la mia bella respirazione zen e tutto il resto. Intorno a mezzogiorno una vocina dentro di me ha iniziato a dire: "Oh, ma devi spingere!" e l'ostetrica mi ha detto che mancava ancora un mezzo cm ma c’eravamo quasi. La tranquillità però nel frattempo se n’è andata ed ho cominciato a strillare "Osteeeeetricaaaaaa! IO NON CE LA FACCIO PIUUUUUU'!"….a tuo padre ho dato anche un morso! L'ostetrica Lorena ha detto che mancava ancora pochissimo ma poi l’ho sentita dire all’altra ostetrica: "Per me è a dilatazione completa ma il bambino non scende....."
Risultato? Eri li, pronto a fare il tuo ingresso nel mondo ma con il cordone corto e serrato al collo che ti teneva ancora ancorato a me. In eco sembrava un giro lasso di funicolo, invece era un bel cappio. Non riuscivi a scendere, a lasciarmi. Mi hanno messo sul lettino e mi hanno detto: "Se senti di spingere spingi ma è ancora in alto...." mentre in realtà di fatto stavi facendo lo yo-yo. Il mio piccolo bungee jumper. Contrazione e spinta.... 1 cm fuori e 1 cm dentro e a fine contrazione ero da capo. Mi son fatta quasi due ore così per te, amore mio. Ricordatene quando da adolescente, con le tue giustissime e ormonali ragioni, mi tratterai male. L'ostetrica ha sentito il tuo battito continuamente per accertarci che tutto andasse bene e ha tagliato per aiutare le cose finchè avanza pian pianino (altro che respirazione, a questo punto ho strillato cose che le tue orecchie di bimbo non dovrebbero sentire fino alla maggiore età) hai messo la capoccetta fuori e l'ostetrica.....zac, ha tagliato il cordone. Due spintucce da niente, ormai, e sei sgusciato fuori. Eri blu, quasi nero, non piangevi e sia io che il tuo papà ci siamo spaventati molto mentre l'ostetrica e i dottori si muovevano veloci intorno a te. Ma poi hai strillato e fatto sia la pipì che la cacca sulla neonatologa: eri vivo e bello arrabbiato dell’esperienza appena vissuta, altrochè! Fuori splendeva il sole del giorno prima di Ferragosto, erano le due e e 41 di pomeriggio e la radio mandava La leva calcistica del ’69 di Francesco De Gregori. In pieno solleone eri finalmente tra le mie braccia.
“E il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette….” Altro che spalle strette! Le ostetriche ora ridevano e facevano il toto peso per questo bambinone meraviglioso dalla testa piena di riccioli. 3 chili 920 grammi di bellezza. Il mio grande amore, il mio maschietto, il mio principe ranocchio! Le due ore che ci hanno lasciato insieme e soli, io te ed il tuo papà, sono state un momento unico...e tuo papà per l’emozione è andato via, dopo, portandosi via il tuo cambio invece di lasciarcelo, e la puericultrice del nido “Poverello, sto bimbo, lo lasciamo nudo???”
I giorni successivi ce li siamo fatti in un ospedale rovente perché lo streptococco che io non ho potuto curare lo hai scontato tu. Cinque giorni di punture di penicillina nelle gambe, povero amore bucherellato. E per fortuna la Provvidenza ha mandato subito il latte: alla fine la puntura te la facevano in braccio a me, in modo da darti subito una dose consolatoria di tetta. Però ci sono state anche cose belle, come Alice che ti è venuta a conoscere la mattina di Ferragosto portando in dono un girasole, zio Simone che ci ha portato il gelato in corsia, i nonni sempre presenti in modo commovente oppure le chiacchiere affettuose con le altre mamme della stanza. Incredibile come scatti la confidenza immediata, a condividere qualcosa di tanto bello come la nascita di un figlio. Alla fine quando siamo usciti, a riveder le stelle, quasi quasi tutto quanto appena vissuto mi mancava. Mi mancavano le notti di luce azzurra e fioca dell’ospedale, le cene alle 6 e le scappatelle al distributore alle 10, mi mancava la pancia.
Ma poi guardo te, che dormi accanto a tua sorella e penso che no. Non mi manca
proprio niente. Sogni d’oro principe ranocchio.
La tua mamma.