Non è stata una gravidanza facile, per niente.
Fisicamente sì, fisicamente è stato tutto perfetto: niente nausee, niente acidità, poco mal di schiena, fino al giorno prima di partorire mi son fatta tranquillamente quattro piani di scale a piedi senza avere il fiatone…una cosa davvero eccezionale per una pigra come me!
Ma psicologicamente è stato tutto davvero davvero difficile.
Innanzitutto perché fin dalla sesta settimana, quasi prima della gravidanza in sé veniva la gestione quotidiana del mio diabete, che fino a quel momento trattavo con la sola alimentazione ed era quasi come non averlo. Alla visita annuale di controllo, comunico che ho da poco scoperto di essere incinta. Lo dico timidamente, come quella che aspetta di vedere se la situazione va avanti. Immediatamente, invece, vengo messa “d’ufficio” in maternità anticipata, inizio a fare quattro iniezioni al giorno di insulina e a controllare la glicemia almeno sei volte nell’arco delle 24 ore. Devo mangiare spesso, sei volte al giorno, e fare controlli settimanali in ospedale. La mia quotidianità si stravolge nel giro di due o tre giorni, passo dall’avere un lavoro a tempo pieno, un bambino di cui occuparmi sincronizzando tempi e orari di asilo e baby sitter a…non avere niente da fare se non scegliere se fare lo spuntino di metà mattina con una mela o due mandarini. Non devo stressarmi, non devo stancarmi se no la glicemia si alza.
E se la glicemia rimane alta, è un gran casino.
Ok, perfetto. Sono incinta e mi sento malata.
In più, ho avuto qualche mese prima un aborto precocissimo che mi ha fatto male da morire all’anima e quindi ho pure una dannata paura che anche stavolta vada male.
Non sono tranquilla, non sprizzo felicità da tutti i pori: le beta, i test, le ecografie non sono sufficienti.
Nella mia testa, il patatrac è dietro l’angolo.
Poi il patatrac succede davvero.
Faccio il bitest, nessuno mi chiama perciò è negativo. Wow, bellissimo, meraviglioso…urrà! Decido che appena arriva il referto, non lo apro nemmeno e metto la busta chiusa da qualche parte. Invece quando trovo nella cassetta postale la lettera dell’Asl, il braccio è più veloce della mente e apro quella maledettissima lettera in cui c’è scritto che in base ai miei valori, ho un rischio aumentato rispetto alla sola età che il mio bambino possa avere la trisomia 21. Il test ha un rischio intermedio, è negativo ma per poco. Il tarlo entra in testa…che si fa? Bisogna parlarne seriamente e decidere cosa fare. Io che ho sempre pensato “un figlio malato non mi sento di tenerlo”, questo bambino rischio di averlo nella pancia sul serio. E dopo una lunga e travagliata riflessione, decidiamo di non fare niente perché QUEL figlio è MIO figlio, comunque sia. E se non lo amo io, chi mai potrebbe farlo?
Scopro così che ci sono due modi diversi di amare i figli nella pancia: uno potentissimo, fulminante che ti coinvolge da subito. L’altro che arriva piano piano, giorno dopo giorno, ma che alla fine diventa ugualmente più forte di tutto.
Giorgia c’è, mi fa sentire la sua presenza quando più ne ho bisogno

Ad un certo punto della gravidanza, la ginecologa mi dice che sarebbe meglio indurre il parto verso la trentottesima settimana, “per non correre rischi”. I rischi spaziano dalla macrosomia a….quella cosa che non voglio neanche scrivere. Per cui il mio pensiero è uno solo: Giorgia deve nascere appena possibile e ben prima del 4 maggio.
Faccio grandi ragionamenti su ogni contrazione che sento, alla perdita del tappo manca poco che festeggi con lo champagne. Mi faccio pure un ricovero a inizio aprile. Invece niente. Non solo non iniziano mai ‘ste benedette contrazioni regolari, ma passano del tutto e sto benissimo: dormo bene, respiro meravigliosamente, sono in piena forma. Tutti a dirmi “beata te!”, quando invece l’unica cosa che vorrei è contorcermi dal male…
Comincio a fare i monitoraggi, la ginecologa continua a dirmi "guadagniamo ancora qualche giorno".
Arrivo finalmente a 37 settimane, che per me sono state trecentosettanta. La ginecologa mi dice che a metà settimana (cioè il 18 o il 19 aprile) potremmo farla nascere, sempre che il travaglio non parta naturalmente visto che ho un cm e mezzo di dilatazione e il collo morbidissimo. Sabato 16 vado a fare un controllo, lei dà una spintarella alla natura e mi scolla le membrane. Non è divertentissimo ma va bene, tutto purchè serva. Ci diamo appuntamento per domenica 17 e salvo imprevisti mi dovrò ricoverare il 18 per l’induzione. Uscita dall’ospedale, dopo qualche contrazione più forte, passa tutto. Va beh, lunedi è vicinissimo, devo solo far passare la domenica.
Domenica 17 ci alziamo presto, alle 6,30. Siamo impazienti di andare in ospedale, alle 7,30 facciamo colazione al bar, Samuel è già da mia mamma quindi ho un pensiero in meno. Sarà il nostro ultimo giorno con Giorgia nella pancia, ci facciamo una bella passeggiata sul porto semideserto e poi andiamo in ospedale. Due cm di dilatazione, dal tracciato contrazioni irregolari (le “contrazioni da week-end” come le chiamo io). “Ti ricovero oggi, stasera olio di ricino, domani induzione”.
Ok, perfetto. Aspetto che si liberi un letto, finisco in camera con una signora che avevo conosciuto due settimane prima e che mi insegnerà tanto nei tre giorni di convivenza.
Dalla finestra della camera vedo il mare, i miei spazi, mi sento al sicuro.
Alle 12,30 arriva l’ostetrica “cambio di programma: ti induciamo oggi, visto che la situazione è favorevole”. Mi faccio portare Samu in ospedale, gli spiego che sta per nascere sua sorella. Un po’ mi dispiace che vada così, che sia tutto meccanico e programmato, che forse la stiamo forzando a fare qualcosa per cui non è ancora pronta. Ma la paura che possa accaderle qualcosa è più forte di tutto per cui inducetemi, tagliatemi, quello che volete, ma che esca viva dalla mia pancia.
Mi mettono il Propess, una striscetta di prostaglandine che favorisce le contrazioni. Mi avvisano: si lascia inserita 24 ore, è a rilascio graduale, può funzionare come no, ma se funziona, è più dolce rispetto al gel. Ragionevolmente, mi dicono, con un secondo parto agisce dopo una, massimo tre ore. Chiamaci quando le contrazioni diventano regolari. Ok.
Entro per le 16 mi vedo in travaglio, invece le contrazioni passano completamente. Mi fanno fare un pranzo leggero “perché se inizia il travaglio…” e invece niente. Idem per la cena. Verso le 20 mi faccio visitare, sento qualche contrazione.
“Il collo è appianato, ma grossomodo è tutto come prima. Se entro le 12 di domani non hai partorito, il protocollo prevede una pausa di 24 ore”. Comincio a irritarmi: mi ricoverate perché devo partorire…e fatemi partorire, no? Se il gel è più efficace, mettetemi il gel! Che poi se sto male malissimo sono affari miei, ma così mi sembra una presa in giro: proviamo, vediamo, sospendiamo,…mah!
Demoralizzata, me ne vado a letto, convinta di partorire verso Ferragosto.
Ore 23,02 contrazione. 23,07 un’altra. 23,12 di nuovo. Dal niente, a una ogni 5 minuti. Fossi a casa, e continuassero così, dovrei andare in ospedale. Ma sto ancora bene, troppo bene perché sia una cosa seria. Però continuano ogni 5 minuti precisi. Aspetto fino all’1 di notte, le ho sempre ogni 5 minuti ma non fanno ancora così male. Comunque vado ad avvisare l’infermiera, che avvisa l’ostetrica, che mi fa sapere che mi visiterà “a orario”. Neanche il tempo di tornare a letto, che diventano ogni 3 minuti. Ma sto discretamente bene. Che faccio?

Decido di chiamare mio marito, gli spiego la situazione e gli dico di venire in ospedale ma di mettersi nell’atrio. Invece lui arriva, entra…e comincia a sopportarmi.

Ho le contrazioni ogni due minuti.
Dalle 2,30 alle 3,30 le contrazioni si fanno più forti. Sono in camera mia, cerco di non fare rumore ma a volte è difficile non lamentarsi. Alle 3,30 chiedo di essere visitata…non l’avessi mai fatto!!!
Salgo sul lettino piena di speranze: ho contrazioni regolari ogni due minuti da almeno un’ora, ogni contrazione dura un minuto, mi fanno male…sicuramente mi dirà “complimenti signora! Siamo a otto centimetri!” Invece mi ha gelato “siamo sempre a 2 cm, non è cambiato niente da stamattina. E per di più si è staccata la striscetta! Devo toglierla e dobbiamo fare la pausa. Se ne riparla martedi.”
Accidenti all’ostetrica delle 20! Visitandomi, deve aver inavvertitamente sfilato la striscetta; tutti pensavamo fossi sotto induzione e invece…niente. Per quello che le contrazioni non facevano così male. Erano solo maledettissime contrazioni preparatorie. Inutili. Stavo male per niente. Ero ricoverata per niente. Continuavo a dirmi che non ce l’avrei mai fatta a partorire se delle stupide preparatorie erano così insopportabili. E per di più le contrazioni continuavano, sempre ogni due minuti e sempre più forti.
Alle 5 devo andare assolutamente a fare pipi, chiedo a mio marito di accompagnarmi. I due bagni vicino alla camera erano occupati, dovevo fare tutto il corridoio (in silenzio per non svegliare tutte).
Scoppio in un pianto a dirotto, mi sento una perfetta scem@. Perché ho male, ma non serve a niente, perché ho tanto desiderato fare in fretta e mi ritroverò a partorire martedi o mercoledi esausta e senza forze. Come farò?

Mio marito intanto chiama di nuovo l’ostetrica, deve averla impietosita perché mi ha visitato quasi controvoglia. “Siamo a 3 cm” e mio marito da fuori mi sente pronunciare in perfetto stile inglese “Ma vaff….! Era ora!”. Ricordandomi il parto di Samuel, chiedo immediatamente di andare sotto la doccia. “Assolutamente no, devi fare mezz’ora di tracciato!”.
E così mi son ritrovata spalmata sul letto, con la mia compagna di stanza che poverina si è sorbita tutta la scena. Mi attacca le sonde, schiaccia qualche tasto e parte la rilevazione. Prima che esca dalla stanza le chiedo “Partorirò vero? Quando?” Lei mi ha risposto che entro lunedi sera avrei avuto Giorgia in braccio.
Sì, se non schiattavo prima dal male però!

Ad ogni contrazione la depressione aumentava: avevo male, parecchio male, e sul monitor vedevo 8, 11, massimo 20 come intensità. “Impossibile, 'sta macchina è rotta” continuavo a dire.
Nel mentre arriva l’infermiera del nido a prendere il primo cambio di Giorgia e comincia a farmi un sacco di domande, a mio avviso del tutto IDIOTE in quel contesto (come ti chiami? Data del matrimonio? Per fortuna che ha iniziato a rispondere mio marito, se no l’istinto di tirarle una ciabatta avrebbe preso il sopravvento

Verso la decima contrazione, ho intimato a mio marito di andare a chiamare l’ostetrica perché ‘sto tracciato me lo volevo togliere di torno, con o senza il suo benestare. Arriva, stacca tutto, mi dice che è iniziato il travaglio (erano le 5,30) mi dice di prendermi le sexy mutande a rete, gli assorbenti post parto e “in tutta tranquillità”

Mio marito, già vittima di figlia femmina ancor prima che nasca, è andato in tilt nel piccolo corridoio, indeciso se entrare in sala tracciati (???) o in sala parto. Così me lo sono trascinato nella stanza giusta, abbiamo acceso le luci e…aspettato. Eravamo soli come due polli. Anzi, no. C’era pure una signora delle pulizie che mi guardava ebete. L’ostetrica si è materializzata dopo qualche minuto.
Appena l’ho vista, le ho chiesto dove fosse il bagno.
“Perché?”
“Perché ho bisogno di stare seduta”
“Se vuoi stare seduta c’è la poltrona”
“Ho bisogno di stare seduta su un BAGNO, e magari di starci un po’ più dei classici due minuti. Arrivederci, io vado.”
E son partita verso il mio caro gabinetto. Una volta seduta, magicamente è passato tutto. Mi veniva da spingere, QUELLE spinte. Ma mi dicevo che era troppo troppo presto, perché neanche un’ora fa ero di appena 3 cm. Così mi godo quel breve momento di benessere, fuori è l’alba, gli uccellini fischiettano. Penso che è un bel giorno per nascere, poi oggi cambia anche la Luna. E anche adesso, rido pensando a questa scena di me seduta sul bagno che ascolto gli uccellini canticchiare!
Sto lì qualche minuto, poi esco e trovo un’altra ostetrica, F., che avevo conosciuto al ricovero precedente. Una ragazza giovane, molto in linea col mio modo di partorire. Mi dice che deve controllare lei la situazione, visto che c’è stato il cambio turno.
Mi metto sul lettino alla prima occasione utile (leggi: tra una spinta e l’altra) e le dico però che io così non voglio assolutamente partorire! Quindi che mi visiti pure, ma dopo voglio mettermi per terra.
“Ok, ma devo romperti il sacco, dammi il tempo di prepararmi il necessario”
“Io devo spingere”
“Spingere? Aspetta che ti visit…Aspetta aspetta! C’è la testa lì…aspetta che faccio veloce”
“Muoviti ti prego”
E mi rompe il sacco. Esce un getto a mo’ di idrante…accidenti, aveva ragione mio marito! Io dicevo che era una cosa più discreta, invece l’ho vista balzare di lato in un nanosecondo per non essere lavata.
“Quella era una piscina, non una pancia!”

E tutti a ridere…
Mio marito entra di corsa. In un momento di follia pre-parto lo prendo per il collo


Urlo, e spingo una volta a vuoto. Sono tutta storta.
F. mi dice di mettermi bene e “lasciala andare questa bambina. Falla vivere”.
Penso che è l’unica cosa che voglio.
Spingo di nuovo con la giusta energia, e urlo tutta la paura che non ho fatto uscire in questi mesi. Urlo perchè tra pochissimo smetterò di vivere nell'ansia.
Esce la testa.
Sto per spingere di nuovo quando F. mi dice di star ferma.
Inizio a spingere lo stesso.
F. mi fulmina con le parole “Ti. Ho. Detto. Non. Spingere.” Poi la vedo armeggiare con delle forbici o qualcosa di simile. Allora capisco, e mi si gela il sangue.
Sto immobile, talmente ferma che a momenti mi si ferma anche il cuore dallo spavento.
Poi mi dice che posso spingere di nuovo.
Sento uscire tutto il corpo. Sono le 6,40 del 18 aprile.

Le aspirano un po’ di liquido dalla bocca credo, poi inizia a piangere.
Me la mettono subito sulla pancia, il dubbio di prima diventa certezza: è violacea, aveva due giri di cordone intorno al collo che F. ha prontamente tagliato.
La guardo e la prima cosa che ho fatto è stato ridere: aveva la faccia veramente arrabbiata, con una grossa ruga sulla fronte. La immagino come un cartone animato, una melanzana arrabbiata.
Dopo tanti pianti, l’ho accolta con una risata.
Sono bastate due spinte di numero per farla nascere, la mia Giorgina. Alla fine il travaglio si è avviato naturalmente, il Propess ha dato una spintarella iniziale, poi tutto è proseguito spontaneamente: era il suo momento. Non l’ho capito subito, ma ne sono stata immensamente felice quando ho realizzato la cosa.
Aspettavo di sentire il suo profumo, avevo tanto immaginato quel momento.
Me la riportano dopo la visita e il bagnetto, ha un profumo strano, mi ricorda qualcosa ma non riesco a capire che cosa. Penso e ripenso a quel profumo così particolare.
Ce l’ho addosso, dico a mio marito di controllare che non la faccia cadere, dall’emozione mi accorgo che sto tremando tutta.
Mi danno due punticini, non sento niente. Dopo 20 minuti son tornata in camera sulle mie gambe.
Forte come una leonessa. Nel corpo, ma soprattutto nello spirito. Perché nella mia testa, non era così scontato che Giorgia nascesse, che fosse sana (nonostante il cordone, ha perfino avuto un Apgar di 9/10), che fosse così.
Invece quando siamo rimaste sole in camera, l’ho guardata per bene, l'ho annusata, l'ho riempita di baci.
E posso dire soltanto che Giorgia è bella. E’ bella e morbida. E sa di ciliegina liquorosa.
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere tutto
