Finalmente Riccardino!
Inviato: 17 nov 2009, 17:35
La DPP era il 10 ottobre. Già da settimane le contrazioni si erano fatte insistenti, regolari e forti a tratti, ma mai quelle giuste. Chissà perchè ero convinta di anticipare, e i primi di ottobre, complice il cambio di luna, io e mio marito eravamo molto in ansia; ma la luna è cambiata, il dieci d'ottobre è passato, e io ero sempre più ingombrante, dolorante, stanca, sfinita. I monitoraggi confermano contratizioni regolari ma non efficaci, l'utero raccorciato ma là sotto è tutto ancora chiuso, e i giorni passano tra l'ansia generale. Una settimana dopo la DPP si comincia a parlare di induzione; il protocollo dell'ospedale prevede di aspettare dodici giorni prima di indurre, in cuor mio ancora spero di non dover ricorrere a questo stratagemma e prego ad ogni contrazione di essere ormai pronta. Ma i giorni continuano a passare inutilmente, finchè il 22 ottobre alle ore 20 di sera vengo ricoverata per l'induzione. Quel giorno mi ero alzata totalmente rassegnata al fatto che il mio corpo non avrebbe collaborato, e che non avevo altra alternativa che lasciar fare alla medicina, e la cosa mi demoralizzava alquanto. Alle 16:00 ho mangiato un etto e mezzo di pasta (il digiuno cominciava da quell'ora, e chissà quando avrei mangiato e bevuto la prossima volta) e alle 19:00 io e mio marito abbiamo chiuso per l'ultima volta in due la porta di casa. Una sensazione di gioia e malinconia ha cominciato a pervadermi, vedevo mio marito molto agitato ed emozionato, io a stento trattenevo le lacrime. Una volta arrivati in reparto e sistemati in camera, vengo prima visitata e poi mi viene applicata la prima dose di gel: sono circa le dieci. Mio marito sta con me fino circa mezzanotte, le contrazioni sono partite ma sono molto sopportabili, quindi decido di mandarlo a casa. Lo vedo uscire dalla porta con le lacrime agli occhi, io decido, considerate le contrazioni molto tenui, di tentare di dormire, il mio bambino potrebbe arrivare alle prime ore dell'alba e voglio essere al pieno delle forze. Riesco veramente ad addormentarmi, ma alle tre di notte, all'improvviso, sento dentro di me qualcosa "esplodere" e mi sveglio di soprassalto. Le acque si sono rotte improvvisamente, inondo il letto e il pavimento di liquido amniotico (le infermiere che sopraggiungeranno rimarranno stupite dalla quantità, ma io già sapevo di avere tantissimo liquido) e constato, con sgomento, che le acque sono tinte. Mi attacco al campanello, le contrazioni partono in quarta, sono nel panico. Arrivano, asciugano, arriva la ginecologa di turno che appura le acque tinte. "Dottoressa, cosa succede al mio bambino? Devo preoccuparmi? Sono molto tinte, vero?" "Lasci fare a noi, signora" è l'unica risposta che ricevo da questa dottoressa che prende e va. Fortunatamente, l'ostetrica mi accarezza e mi tranquillizza, il monitoraggio conferma che il bambino sta bene, ha meconiato forse il giorno prima, chissà. Questo impone all'ospedale di non attendere oltre 24 ora dalla prima dose di gel per farmi partorire. 24 ore? E chi ci arriva a 24, pensavo io! Sicuramente fra qualche ora sarò pronta, le contrazioni mi spaccano in due. Chiamo mio marito che in fretta e furia arriva, sono quasi le quattro del mattino e inizio a soffrire come un cane. Alle sei vengo visitata, contrazioni forti e regolari ma...siamo a un centimetro. Io resto attonita, mi sembra impossibile, sto soffrendo tantissimo, non capisco. Mi rassegno a sottopormi alla seconda dose di gel, mi faccio forza, sono certa che questa volta funzionerà. Il brutto delle induzioni col gel è che, per non farlo uscire, sei costretta a sopportare le contrazioni stesa a letto col monitoraggio attaccato, quasi immobile. Questo rende tutto ancora più doloroso, spappolo la mano di mio marito che mi guarda impotente e intanto le ore passano, senza cibo ne acqua. dopo circa sei ore si ripete la stessa scena: ancora, sempre e solo un centimetro. piango senza ritegno, mi sento una perfetta incapace, soffro inutilmente. sono stanca. Terza dose di gel, le contrazioni hanno un nuovo slancio, se fino a quel momento nonostante il dolore sia sempre riuscita a controllare il respiro e in qualche modo a domarle, ora complici stanchezza, fame, sete e sconforto, mi sento sopraffatta, "ora muoio" penso ad ogni picco. Terza visita, terza mazzata, non si muove nulla. Non piango neanche, sono un a foglia in balìa del vento. penso solo a riccardino, lo sento muoversi, sento che DEVO vederlo. Mi dicono che a questo punto si va di ossitocina, io penso che in questo modo le contrazioni che ho da decine di ore si faranno impossibili da sopportare, ma accetto. Mi dicono di andare in sala travaglio e di portare con me le cose per Riccardino. Incredibilmente questo mi da forza e coraggio, riprendo ad affrontare con grinta le contrazioni che ora posso domare da in piedi nella posizione che voglio, sento che siamo vicini, sorrido e strizzo l'occhio a mio marito. Dopo pochi minuti però, mi accorgo che qualcosa non va. Vedo i battiti di Riccardo scendere,troppo. ogni contrazione li fa abbassare sotto i settanta, chiamo le ostetriche che a quel punto corrono fuori dalla sala travaglio e tornano con infermiere e ginecologa. "signora, ora il bambino soffre, non possiamo attendere oltre". Fino a quel momento, io non ho mai pensato nemmeno un istante alla prospettiva del cesareo. Sì lo so, è una cosa stupida. Probabilmente chiunque al posto mio l'avrebbe messo in preventivo, ma io no. Ero convinta fino al midollo che nonostante tutto avrei partorito mio figlio, e che suo padre sarebbe stato al nostro fianco... cesareo. Neanche il tempo di capire che avevo gia il camice. pochi minuti dopo ero in sala operatoria. un altra manciata di minuti, e l'ho sentita, la voce di mio figlio. Tutti mi dicevano "signora, come è bello! e come è grande!" ma non me lo hanno fatto vedere. io li imploravo piangendo, un ostetrica mi accarezzava la fronte e mi diceva "ora arriva, abbi pazienza" ma dopo più di venti ore di pazienza non ne avevo più. Finalmente me lo portano, già lavato e avvolto nella copertina che gli avevo comperato, bello come qualcosa che non ha paragoni. Me lo avvicinano alla fronte, sulla sinistra; fortunatamente il braccio sinistro non era legato come il destro, e sebbene avessi l'impianto delle flebo e l'apparecchio per il monitoraggio cardiaco al dito, l'ho agguantato e me lo sono stretto forte forte al viso, inebriandomi del suo profumo meraviglioso e riempiendolo di baci. Lui si è fermato di piangere, il mio angelo, e ha stretto le manine vicino al viso, quel viso che, essendo legata ed essendo lui in quella posizione, non avevo ancora visto e non riuscivo a vedere. Quello che a me sembrava un attimo deve essere stato invece un momento piuttosto lungo perchè l'infermiera che lo aveva in braccio ha cominciato "signora, lo lasci per favore, signora! Dobbiamo metterlo nella culla termica, signora!" mentre un altra infermiera cercava di aprirmi il braccio. Durante la fase di ricucitura la tensione era passata, avevo solo voglia di ridere e scherzare, mi sentivo benissimo e non avevo più voglia di pensare al lato brutto della situazione, volevo solo andare da mio marito e da mio figlio!!!!
Quando mi hanno portata in reparto, ho visto mio marito da lontano corrermi incontro con gli occhi gonfi e un sorriso che non avevo mai visto...mi ha stretto forte forte e mi ha sussurrato "è bellissimo, è bellissimo, ti amo, ti amo, ti amo..." In mezzo al corridoio del reparto, in pieno orario di visita, con tutta la gente che ci guardava, con i barellieri imbarazzati che non riuscivano a spingermi in camera, mio marito mi si è letteralmente gettato al collo e abbiamo iniziato a piangere. Pochi metri più avanti, c'erano tutti. I miei genitori, i miei suoceri, le sorelle con i fidanzati, tutti con le lacrime agli occhi. Ho dovuto aspettare ancora una mezzoretta, poi finalmente Riccardo è arrivato da me. Bellissimo, di più. E da quel momento, non ci siamo più lasciati un attimo, io e suo padre viviamo per lui, ci sentiamo completi solo con lui in braccio. Nonostante la sofferenza del prima e del dopo (ragadi, una breve ma forte depressione, le sue colichette serali che ci tengono in ansia fino a notte fonda...) non sono mai stata felice come lo sono adesso. Ti amo, mio piccolo Riccardo.
Riccardo è nato il 23 ottobre alle 18:58, pesava 3,620 per 49 cm di coccolosa cicciottosità.
Quando mi hanno portata in reparto, ho visto mio marito da lontano corrermi incontro con gli occhi gonfi e un sorriso che non avevo mai visto...mi ha stretto forte forte e mi ha sussurrato "è bellissimo, è bellissimo, ti amo, ti amo, ti amo..." In mezzo al corridoio del reparto, in pieno orario di visita, con tutta la gente che ci guardava, con i barellieri imbarazzati che non riuscivano a spingermi in camera, mio marito mi si è letteralmente gettato al collo e abbiamo iniziato a piangere. Pochi metri più avanti, c'erano tutti. I miei genitori, i miei suoceri, le sorelle con i fidanzati, tutti con le lacrime agli occhi. Ho dovuto aspettare ancora una mezzoretta, poi finalmente Riccardo è arrivato da me. Bellissimo, di più. E da quel momento, non ci siamo più lasciati un attimo, io e suo padre viviamo per lui, ci sentiamo completi solo con lui in braccio. Nonostante la sofferenza del prima e del dopo (ragadi, una breve ma forte depressione, le sue colichette serali che ci tengono in ansia fino a notte fonda...) non sono mai stata felice come lo sono adesso. Ti amo, mio piccolo Riccardo.
Riccardo è nato il 23 ottobre alle 18:58, pesava 3,620 per 49 cm di coccolosa cicciottosità.
