Ora vi racconto per bene: era ormai più di un mese che avvertivo dolori alla pancia e alla schiena tipo ciclo mestruale e tutti dicevano che era un chiaro segnale di preparazione al parto, ma non appena mi guardavano in viso la tipica frase di tutti era: “No..no.. hai un viso troppo sereno e disteso, sei ancora lontana dal gran giorno…”. Al compimento della 39° settimana è venuta una vigilessa a casa mia per verificare dei dati riguardo la mia residenza e parlando con lei del mio stato interessante anche lei ha sentenziato che a giudicare dal mio viso il gran giorno non poteva essere così vicino, ci volevano almeno una decina di giorni ancora. Infatti un’ora dopo ho iniziato a perdere il tappo mucoso e alle 19,00 è iniziato il cosiddetto travaglio latente. Il mio dubbio negli ultimi mesi è sempre stato quello di non riuscire a distinguere le contrazioni sporadiche che avevo durante la gravidanza con quelle cosiddette “giuste” da travaglio; beh, da quel momento non avevo più dubbi: quelle vere si capiscono eccome !!!! Ho tirato fuori dal cassetto tutti miei cronometri da corsa e come in un vero team di squadra mio papà mi cronometrava la distanza tra una contrazione e l’altra mentre Walter, il mio compagno, ne cronometrava la durata. Io all’inizio ero tutta gasata perché riuscivo a domare il dolore con la giusta respirazione “Beh, sono una runner…” gli dicevo io. Giunta la notte ho preferito affrontare da sola il travaglio mandando tutti a dormire; ho voluto che Walter fosse pronto e riposato per il giorno dopo visto che sicuramente sarebbe stata una giornata faticosa. Le contrazioni sono continuate tutta notte ma non sono mai state regolari; tra una e l’altra passavano 7 minuti, poi 4, poi 5, poi 3… Alle 6,00 del mattino non ce la facevo più dal male ed ho deciso di andare in ospedale a fare un controllo. Appena entrati al PS mi hanno fatto un monitoraggio e una visita medica dove hanno appurato che le contrazioni non erano ancora quelle giuste e che il collo dell’utero era ancora tutto chiuso con un accorciamento del 40%. Mi avrebbero volentieri tenuta in ospedale per gestire in loro compagnia il travaglio ma purtroppo le stanze erano già tutte occupate ed era preferibile tornassi a casa e ritornassi di lì a qualche ora (ma io non cercavo una stanza d’hotel… volevo partorire!!!)

Inoltre la dottoressa ha aggiunto il suo personale commento: “mi creda signora, lei non ha ancora la faccia di una che sta per partorire…”. Ma cavoli, ho pensato io, ci si deve trasformare nell’esorcista x convincere la gente che si sta male? Appena uscita dall’ospedale le contrazioni sono improvvisamente aumentate (ti pareva, giusto in tempo per farsi mandare a casa). Ogni tombino che Walter prendeva con la macchina erano porconi che tiravo giù. Arrivati a casa ho telefonato alla mia ostetrica informandola dell’esito del controllo e lei mi ha risposto: “te l’avevo detto che dalla voce al telefono non mi sembravi ancora pronta…”. L’ostetrica mi ha consigliato di far un bagno caldo per un’ora. Se le contrazioni non erano quelle giuste il dolore mi sarebbe passato; in caso contrario si sarebbe messo in moto tutto il giusto meccanismo. Non ho mai odiato la mia vasca idromassaggio così tanto: il dolore che ho lasciato lì dentro lo so solo io. C’era Walter che mi faceva aria con il giornale ad ogni contrazione che avevo. Non lo ringrazierò mai abbastanza x il sostegno che mi ha dato. Sudavo e sdoloravo in silenzio come una dannata.

Beh, man mano che passavano le ore il dolore era sempre più forte e prolungato, ma mai e poi mai ho avuto contrazioni regolari. Erano sempre più ravvicinate, tipo 3-1-2 minuti l’una dall’altra ma mai fisse. Ci sono stati momenti di sconforto in cui pensavo che non avrei più avuto le forze per partorire. Non c’era respirazione che tenesse. Alle 16 ho ritelefonato all’ostetrica dicendole che io non ce la facevo più e che era il caso di andare all’ospedale. Lei mi ha detto: “Beh, stavolta dalla voce mi sembri già più convincente di prima. Dai, facciamo così, ci vediamo in ospedale alle 17 così vediamo com’è la situazione.”.

Arrivati al PS Walter mi ha lasciata all’ingresso e lui è andato a parcheggiare. Ho voluto salire le scale da sola per raggiungere il reparto ed ogniqualvolta mi arrivava la contrazione mi piegavo in due sulle scale attirando l’attenzione dei passanti che più volte mi hanno chiesto se serviva aiuto, ed io alla fine della contrazione rispondevo: “No no, non è grave, devo solo partorire. Posso farcela da sola”. Poi durante il tragitto verso la sala parto, e alla fine dell’ennesima contrazione, mi è passata accanto una ragazza incinta che mi guardava con occhi sgranati ed io ho alzato lo sguardo e per la serie “bas...rdi dentro” le ho detto: “Vedrai che male che fa!!!”. La disperazione non si controlla! Arrivata finalmente all’ingresso delle sale parto ho suonato il campanello e appena entrata, con la faccia da indemoniata, ho urlato alla prima dottoressa che ho visto: “E adesso provate a dirmi che non ho la faccia di una che deve partorire perché ve lo faccio qui sul tappetino!” Spaventati mi hanno attaccata subito il monitoraggio ma nel giro di 5 minuti è arrivata la mia fantastica Ostetrica Ori la quale mi ha subito visitata e si è stupìta nell’apprendere che ero già dilatata di ben 9 cm !! “Ma sei stata bravissima, hai fatto tutto da sola, hai superato la fase più critica del dolore senza anestesia.

Con un uncino mi ha rotto le acque e poi mi ha detto: ora puoi scegliere: o fai l’epidurale ma la durata del parto potrebbe durare 3 - 4 ore oppure stringi ancora un po’ i denti e ti faccio partorire in un’ora – un’ora e mezza.” A quel punto ho tirato fuori lo spirito del runner masochista che c’è in me ed ho dichiarato: “No, preferisco una fine disperata che una disperazione senza fine” che non c’entrava molto con il contesto ma voleva dire che preferivo partorire alla svelta, quindi niente epidurale.

Via, si parte verso la sala parto, ma una volta arrivati nel corridoio ci siamo accorti che tutte e 5 le sale parto erano occupate. Della serie: Ma in questo hotel non solo non ci sono camere disponibili, ma pure il ristorante è pieno !!! Con il “potere” di Ori siamo riusciti a prendere il posto di una partoriente nella sala parto verde. Naturalmente lei era meno dilatata di me quindi io, secondo Ori avevo la precedenza; lei l’hanno trasferita in sala travaglio seguita dalle lamentele del marito ed io mi sono “accomodata” al suo posto seguita dalla gioia di Walter.
Che dire del parto? Qui inizia la vera battaglia, il cosiddetto muro della maratona, quello dove chi sei ferma è perduto quindi denti strette e gambe larghe e via, a sfruttare al massimo il potere delle contrazioni che, se sfruttate nella giusta maniera, agevolano la discesa del bimbo nel canale del parto. Dopo alcune spinte addominali ero già stanca morta, provata anche dal lungo travaglio che avevo alle spalle. Sudavo come quando ero immersa nella vasca da bagno. Walter per incitarmi a non mollare e a spingere nella maniera giusta mi spronava con la violenza psicologica: “Dai, tira fuori la maratoneta che c’è in te… Facci vedere questi addominali che hai.. il vero runner non si arrende mai.. spingi spingi…” Ma porca vacca, non potevo darmi agli scacchi???? La violenza psicologica ha funzionato e dopo un’ora di sala parto Ori mi ha detto “ancora due spinte e il bimbo è fuori” io ho detto: “No, due spinte sono troppe, non le reggo…. ma una si! E allora viaaaaa!” Ho spinto talmente forte che se non prendono Ramon al volo mi passa fuori dalla finestra!

EVVAII!! Eccoloooo !!!!! Cuccioloooo!!!

La prassi vuole che prima di uscire dalla sala parto, la mamma stia sotto osservazione per due ore. Grazie ad Ori invece, una volta che Ramon era pronto, mi ha fatto sedere sulla sedia a rotelle con lui in braccio ed abbiamo fatto la sorpresa ai miei genitori che erano fuori ad attendere il lieto evento.
Non vi dico la loro gioia quando si sono aperte le porte e invece di vedere Walter che annunciava la nascita di Ramon, hanno visto direttamente Ramon con la sua mamma. Qui si che ci siamo messi tutti a piangere dalla commozione. Mia mamma mi ha detto che quella scena non se la dimenticherà per tutta la vita e che non finirà mai abbastanza di ringraziare Ori per aver permesso che ciò avvenisse.
Una volta salutati i nonni siamo immediatamente rientrati nella saletta d’osservazione dove dopo quasi 12 ore di digiuno per decisione personale (e chi aveva il tempo di pensare al cibo?) ho finalmente sgranocchiato un pezzetto di cioccolato e per l’occasione ho gentilmente omaggiato l’ospedale di una bella e sana vomitata (effetto dell’iniezione somministratami per l’assestamento dell’utero).
Finalmente, trascorse le due ore, e dopo aver cambiato due sedie a rotelle perché una si era bucata (eppure dicevano che dopo il parto si calava di peso!) io e Walter abbiamo preso armi, bagagli e figli e siamo usciti definitivamente dalla sala parto dove fuori stavolta ci attendevano i genitori di Walter e mio fratello con la sua compagna Stefania, anche loro da mesi alla ricerca di un futuro erede. Appena ho visto in lontananza Stefania le ho gridato dal corridoio: “ Stefi… lascia stare l’idea! Fa un male dell’accidenti partorire!” Lei mi si è avvicinata e mi ha sussurrato all’orecchio: “…Troppo tardi !!!….”
