Claudia, l'emozione di far nascere mia figlia
Inviato: 3 set 2007, 12:08
E’ il 20 novembre 2006, la giornata è bigia, e io sono triste. Mi sento terribilmente in colpa per questo, ma non ci posso fare niente. Oggi nascerà la mia seconda bambina e io sono triste, da una settimana non faccio altro che piangere. Io e il socio accompagniamo la “sorella maggiore”, come è orgogliosa di definirsi, a scuola e ci avviamo verso la clinica, e le lacrime iniziano a scendere copiose. Mio marito mi sgrida: ma insomma, sta per nascere, non sei contenta?? No, non sono contenta, NON VOGLIO RIFARE IL CESAREO. Ne abbiamo discusso per 9 mesi con il gine, alla fine mi sono arresa, ci sono troppi pericoli: il diabete, che ha portato un eccesso di liquido e quindi un eccesso di “stiraggio” dell’utero, che essendo già stato tagliato, rischia di rompersi durante il travaglio, il CPK troppo alto (circa 900, quando il massimo è 170) che rende pericolosa un’anestesia d’urgenza… ma… io sono triste.
Arriviamo in clinica, mi assegnano una stanza, mi spiegano come prepararmi. Faccio tutto quello che mi dicono come un automa, continuando a piangere. Arriva l’assistente del mio gine e rimane stupita trovandomi in lacrime, ovviamente si aspettava che fossi felice! “Allora? Perché piangi? Sei pronta?” “No, non sono pronta, non SIAMO pronte!!! Mancano ancora sei giorni alla fine della gravidanza, e noi non siamo pronte, se fossimo pronte io sarei in travaglio! Non voglio rifare il cesareo!” “Il prof ti ha spiegato quali sono i rischi, perché BISOGNA fare il cesareo” Lo so, ma non sono convinta. Mi sono arresa, ecco tutto, ma non sono convinta. Mi state togliendo l’ultima possibilità di diventare una VERA mamma, continuerò a sentirmi per tutta la vita una “mamma a metà”. Razionalmente so che non è così, che per Livia non si è potuto fare altrimenti, e che per Claudia non si può fare diversamente per il doppio dei motivi.
Continuo a piangere mentre mi portano in sala operatoria, per fortuna mio marito sarà con me. Mentre lui si veste mi fanno l’epidurale. Mentre sento le gambe perdere sensibilità dentro di me penso che se anche dovessi sentire un dolore pazzesco non farò un fiato, ho il terrore che si ripeta quello che è successo con Livia: di non essere “presente” al momento della nascita della mia bambina.
L’anestesista si fa consegnare la macchina fotografica: ci penserà lui a fare le foto. (Ho un servizio completo che sembra preso direttamente da E.R.)
Mi preparano in maniera particolarmente accurata, mi lavano, mi mettono un camice sopra l’altro, mi mettono i guanti… “allora lo farà per davvero!”, penso.
Il gine arriva, è sorridente, saluta me, mio marito, mi tranquillizza. Prima che inizi chiedo per l’ultima volta: “Non c’è altra possibilità?”, no, è veramente TROPPO pericoloso. Inizia a “lavorare”, raccontandomi quello che sta facendo, quello che vede. Taglia la panciona, ma non ancora l’utero: è totalmente trasparente da quanto è tirato, tanto che mi dice “E’ piena di capelli!”. Continua a “lavorare” nella mia pancia, fino a che dice: “Eccola”, la testina è fuori, mi prende le mani e insieme la tiriamo fuori dalla mia pancia…
Conoscendomi bene sapeva quanto dolore mi provocava il non poter fare il parto naturale e ha voluto coinvolgermi il più possibile nella nascita della mia bambina.
Ce l’ho sul petto, e piango, piango ancora, piango di nuovo, ma ora è gioia, gioia pura, è la mia bambina, è lì con me e io… come ho potuto essere triste?? La felicità mi entra dentro, le lacrime che mi rigano il volto ora hanno un sapore diverso…
Arriviamo in clinica, mi assegnano una stanza, mi spiegano come prepararmi. Faccio tutto quello che mi dicono come un automa, continuando a piangere. Arriva l’assistente del mio gine e rimane stupita trovandomi in lacrime, ovviamente si aspettava che fossi felice! “Allora? Perché piangi? Sei pronta?” “No, non sono pronta, non SIAMO pronte!!! Mancano ancora sei giorni alla fine della gravidanza, e noi non siamo pronte, se fossimo pronte io sarei in travaglio! Non voglio rifare il cesareo!” “Il prof ti ha spiegato quali sono i rischi, perché BISOGNA fare il cesareo” Lo so, ma non sono convinta. Mi sono arresa, ecco tutto, ma non sono convinta. Mi state togliendo l’ultima possibilità di diventare una VERA mamma, continuerò a sentirmi per tutta la vita una “mamma a metà”. Razionalmente so che non è così, che per Livia non si è potuto fare altrimenti, e che per Claudia non si può fare diversamente per il doppio dei motivi.
Continuo a piangere mentre mi portano in sala operatoria, per fortuna mio marito sarà con me. Mentre lui si veste mi fanno l’epidurale. Mentre sento le gambe perdere sensibilità dentro di me penso che se anche dovessi sentire un dolore pazzesco non farò un fiato, ho il terrore che si ripeta quello che è successo con Livia: di non essere “presente” al momento della nascita della mia bambina.
L’anestesista si fa consegnare la macchina fotografica: ci penserà lui a fare le foto. (Ho un servizio completo che sembra preso direttamente da E.R.)
Mi preparano in maniera particolarmente accurata, mi lavano, mi mettono un camice sopra l’altro, mi mettono i guanti… “allora lo farà per davvero!”, penso.
Il gine arriva, è sorridente, saluta me, mio marito, mi tranquillizza. Prima che inizi chiedo per l’ultima volta: “Non c’è altra possibilità?”, no, è veramente TROPPO pericoloso. Inizia a “lavorare”, raccontandomi quello che sta facendo, quello che vede. Taglia la panciona, ma non ancora l’utero: è totalmente trasparente da quanto è tirato, tanto che mi dice “E’ piena di capelli!”. Continua a “lavorare” nella mia pancia, fino a che dice: “Eccola”, la testina è fuori, mi prende le mani e insieme la tiriamo fuori dalla mia pancia…
Conoscendomi bene sapeva quanto dolore mi provocava il non poter fare il parto naturale e ha voluto coinvolgermi il più possibile nella nascita della mia bambina.
Ce l’ho sul petto, e piango, piango ancora, piango di nuovo, ma ora è gioia, gioia pura, è la mia bambina, è lì con me e io… come ho potuto essere triste?? La felicità mi entra dentro, le lacrime che mi rigano il volto ora hanno un sapore diverso…