Anika e Raya: cesareo e naturale (con epidurale) a confronto
Inviato: 9 gen 2008, 15:41
Eccovi i racconti della nascita delle mie due bimbe, Anika e Raya. Ho deciso di postarli tutti e due, perché con Anika, la primogenita nata tre anni fa, ho dovuto fare un cesareo programmato causa posizione podalica, mentre con Raya, nata meno di due mesi fa, sono riuscita a partorire naturalmente. Perciò invece di raccontarvi prima il parto di Anika e poi quello di Raya, ve li racconterò insieme, mettendo a confronto le due esperienze…
Anika e l’agopuntura
Cosa c’entra l’agopuntura con i miei due parti? C’entra, c’entra…
Mio zio, fratello di mio papà, è un medico anestesista e lavora proprio nell’ospedale dove ho partorito, che è il più vicino a casa mia. Per suo interesse personale si è specializzato anche in agopuntura ed omeopatia. Così quando durante la prima gravidanza ci accorgemmo che Anika era podalica e non ne voleva sapere di girarsi (si è messa così al 5° mese e non si è più mossa) mio zio mi propose delle tecniche di agopuntura per farla girare. Abbiamo fatto varie sedute di agopuntura ma non sono servite a niente: Anika non si è girata e abbiamo programmato il cesareo.
Raya e l’agopuntura
Se Anika non ne voleva sapere di girarsi, Raya invece non ne voleva sapere di nascere. Il 12 novembre, un lunedì, era la data prevista per il parto, ma tutto taceva. Passano i giorni, i tracciati sono piatti, e io comincio a rassegnarmi ad un altro cesareo: infatti se si è avuto un cesareo non può essere stimolato il parto, come invece si fa per le normali gravidanze che superano di molto il termine. Così parlo con mio zio e, anche se non ho molta fiducia che funzionerà, gli chiedo se ci sono tecniche per stimolare il parto con l’agopuntura. Lui mi dice di sì e il giovedì sera mi pratica una prima seduta. Il venerdì mattina qualcosa si muove, ho qualche piccola perditina di sangue e contrazioni leggermente dolorose, ma sporadiche. Passa il week end e non succede niente, domenica sera mio zio mi fa un’altra seduta… il giorno dopo partorirò Raya. Potrebbe essere soltanto un caso, ma secondo me quelle sedute sono servite e mi hanno evitato il secondo cesareo.
Il travaglio di Anika
Visto che ho fatto un cesareo programmato, con Anika il travaglio me lo sono quasi evitato. Quasi perché in realtà il giorno del cesareo (programmato una settimana prima della dpp, abbiamo aspettato fino all’ultimo nella vana speranza che si girasse) Anika aveva deciso di nascere. Ero arrivata in ospedale alle ore 7.00, digiuna, e il cesareo avrebbe dovuto essere effettuato verso le 4 del pomeriggio. Verso le 9.00 mi mettono sotto tracciato. Dopo un po’ passa l’ostetrica, guarda il tracciato ed esclama “Ma lei è in travaglio! Ma non sente niente?” Io sentivo le contrazioni (era dal 5° mese che ce le avevo!) ma non erano affatto dolorose. Quindi va ad avvertire il mio ginecologo (che lavora in ospedale e che doveva operarmi), il quale mi visita e mi dice che sono già dilatata di 2/3 cm, e quindi bisogna anticipare il parto di qualche ora.
Il travaglio di Raya
Lunedì 19 novembre ero esattamente a 41 settimane e avevo il tracciato prenotato per le 10.30. Ci svegliamo la mattina alle 8.00 e prepariamo Anika per portarla all’asilo. Mentre la preparo avverto delle contrazioni più dolorose del solito. Comincio a cronometrarle e mi sembra siano ogni 15 minuti. Inoltre ho qualche perdita di sangue. Portiamo Anika all’asilo e con calma ci avviamo verso l’ospedale, con la valigia in macchina (ormai è lì da una settimana…). Mi mettono sotto tracciato: contrazioni ogni 10 minuti, non fortissime. Io le sento, sono un po’ dolorose, come un dolore mestruale. Dopo il tracciato l’ostetrica mi visita: sono dilatata di 4 cm! Evviva! Il travaglio è cominciato e mi ricoverano. Mi assegnano la stanza, mi cambio e vado in sala travaglio. Lì mi mettono di nuovo sotto tracciato, io sto bene, i dolori sono sopportabili, le contrazioni sono ancora abbastanza distanziate e io me ne sto con un libro da leggere mentre mio marito scende al bar a mangiare qualcosa. Avevo fatto il colloquio per l’analgesia epidurale e lo dico all’ostetrica. Lei mi guarda perplessa: sono già dilatata di 5 cm e sto benissimo, mi dice che il travaglio è cominciato più che bene, di decidere in fretta se la voglio perché c’è poco tempo. Io decido che la voglio, e non me ne pentirò! Finalmente mi chiama mio zio (l’anestesista): aveva smontato alle 8.00 dal turno di notte e per non disturbarlo gli avevo solo mandato un sms per avvertirlo che il travaglio era cominciato. Mi dice di aspettarlo, che entro un’oretta sarebbe arrivato e mi avrebbe preparato lui il catatere per l’epidurale. Arriva verso le 14.30 e mi mettono il catetere. Siccome i dolori erano ancora sopportabili, decidiamo di fare l’iniezione di analgesico solo quando fossero cominciati i dolori forti. Che arrivano verso le 16.00: ero dilatata di circa 6 cm, le contrazioni arrivavano ogni 7 minuti circa. L’ostetrica chiama mio zio, e mentre lui arriva io comincio a contorcermi dal dolore, con mio marito che tenta la fuga (non sopporta di vedermi soffrire) ed una donna africana, anche lei in travaglio, ma ancora all’inizio, che viene a massaggiarmi la schiena all’altezza dei reni, recandomi un certo beneficio, devo ammettere.
L’iniezione fa presto effetto ed il benessere è totale. Sento le contrazioni ma non il dolore. Viene a trovarmi la morosa di mio fratello, incinta di tre mesi. Siccome in sala travaglio fanno entrare solo i mariti, l’ostetrica mi dà il permesso di andare io in sala d’aspetto. Chiaccheriamo per un’ora, sto benissimo e lei mi guarda incredula: non sembro una donna in travaglio. Si convince all’istante che farà anche lei l’epidurale. Nel frattempo arrivano le 18.00, orario di visite e così entriamo anche noi in reparto, ci guardiamo i bambini, le mostro come sono organizzati con il rooming in (deve ancora decidere in che ospedale partorire). Verso le 18.30 la saluto e torno in sala parto, sotto tracciato. Alle 19.00 l’effetto dell’epidurale comincia a scemare, le contrazioni sono sempre più forti e comincio a urlare dal dolore. Chiedo un rabbocco dell’analgesia, ma l’ostetrica mi visita e dice che sono a 9 cm di dilatazione. Ormai mio zio è andato a casa, mi dicono che siccome manca pochissimo non vale la pena di fare ancora l’analgesia…e io ogni 3/4 minuti urlo e mi contorco dal dolore. Sto in piedi, cammino, durante le contrazioni abbraccio mio marito, piango, mi appoggio ad una sedia, mi accovaccio, ma soprattutto …urlo tanto! Per fortuna ci siamo solo io, mio marito e l’ostetrica. Però tra una contrazione e l’altra ce la passiamo, io e l’ostetrica prendiamo in giro mio marito che ha più paura di me. Le racconto che lui non può vedere tutti quei telefilm tipo E.R, Doctor House, Grey’s Anatomy che io invece adoro.
Il parto di Anika
Comincia la preparazione per il taglio cesareo: depilazione, catetere (fastidiosissimo), flebo… Poi completamente nuda con solo il telo verde sopra mi portano in sala operatoria. Saluto marito e mamma dal mio lettino e ci avviamo. Arrivati in sala operatoria cominciano le operazioni per l’anestesia spinale: ho un freddo cane e tremo, ma poi finalmente l’anestesia comincia a fare effetto, sento una sensazione di caldo e di benessere. Mi attaccano ai vari macchinari, sono distesa a pancia in su e con le braccia distese…praticamente crocifissa! Il gine comincia a tagliare, in sala operatoria c’è un clima disteso e ognuno fa quello che deve fare. Ma intuisco il momento in cui mi tagliano l’utero, perché scende il silenzio e tutti seguono con attenzione: sapevo infatti che dal taglio dell’utero c’è poco tempo per tirare fuori il bambino, perché da quel momento non gli arriva più l‘ossigeno tramite la placenta.
Pochi attimi ed Anika è fuori ed emette il suo primo vagito: sono le 12.40. Non me la fanno vedere subito, la portano a lavare e controllare. Mi dicono “E’ bellissima e sanissima!” Poco dopo me la portano, e la vedo per la prima volta: non piange, è avvolta nel telo verde, me l’accostano al viso e posso baciarla. Poi la portano a mio marito, mentre mi ricuciono. Sto in sala operatoria un’altra mezz’oretta. Ad un certo punto mi vengono forti conati di vomito, allora mi iniettano qualcosa che mi fa stare subito molto meglio.
Poi finalmente mi riportano in camera e posso prendere in braccio la mia piccolina: 2870 gr per 47cm di lunghezza, grandi occhioni scuri e tanti capelli castani.
Il parto di Raya
Sono le 20.00, è da mezz’ora che ho contrazioni violente e invoco di nuovo l’analgesia. Allora l’ostetrica mi visita e dice che sono pronta: si va in sala parto! Dal nulla appaiono una folla di persone: in sala parto ci sono oltre all’ostetrica, la ginecologa e almeno due infermiere. Siamo tutte donne. Mio marito è rimasto fuori, preferisco non dovermi preoccupare anche di lui. Quando arrivano le contrazioni l’ostetrica mi dice di spingere e io dico “Noooo, non ce la facciooooo!!!”. Ma poi ci provo e mi accorgo che quando spingo sento meno il dolore. Non urlo più, tutta l’energia e la forza sono incanalate nelle spinte. L’ostetrica vede che spingo di gola e mi dice “no, non di gola, spingi di pancia” e io mi ricordo del corso pre parto che avevo fatto quando ero incinta di Anika, e mi ricordo come devo spingere. Funziona, e l’ostetrica mi dice “bravissima!” Tra una contrazione e l’altra mi riposo. L’ostetrica dice alla ginecologa “ha una contrazione ogni morte di papa” ma io sono contenta di avere due/tre minuti di sollievo tra le spinte. Sono sul lettino ostetrico e quando spingo mi aggrappo alle maniglie ai lati del lettino: giorni dopo mi accorgerò di essermi ferita un gomito durante il parto, ma non so come. Mi avvertono che mi stanno depilando, poi che mi fanno un po’ di anestesia. Mi fanno l’episiotomia, ma non sento niente. Mi dicono che si vedono i capelli! Per l’ultima spinta la ginecologa mi aiuta spingendo con il suo braccio sul mio ventre. Sono le 20.20 ed è fuori! L’ostetrica la guarda e dice che è una bella bimba, tagliano il cordone e me l’appoggiano sul petto: è calda, viscida e bellissima. La pesano e misurano: 3400 gr per 51 cm! Ma il gine non aveva detto che era piccolina come Anika? Vabbè che è stata una settimana in più in pancia… Nel frattempo è entrato mio marito, gli danno la bambina e che porta lui al nido e la tiene in braccio fino a quando non torno in camera, e ce la coccoliamo insieme. Somiglia al papà, ha i capelli neri incredibilmente folti e lunghi, e gli occhi scuri e un pò a mandorla, come lui. Ma assomiglia molto anche ad Anika.
Il post parto
Sinceramente pensavo di riprendermi più in fretta con il parto naturale, in realtà tra episiotomia, lacerazioni interne ed emorroidi, camminare mi faceva male come dopo il cesareo, se non di più. Però questa volta stavo meglio a livello fisico, per esempio avevo un bell’appetito, mentre dopo il cesareo non ho mangiato per una settimana perché non avevo fame e anzi lo stomaco mi faceva male e digerivo con difficoltà.
In ogni caso sono felice di essere riuscita a partorire naturalmente, dopo il cesareo, ed è un’esperienza che consiglio a tutte!
Anika e l’agopuntura
Cosa c’entra l’agopuntura con i miei due parti? C’entra, c’entra…
Mio zio, fratello di mio papà, è un medico anestesista e lavora proprio nell’ospedale dove ho partorito, che è il più vicino a casa mia. Per suo interesse personale si è specializzato anche in agopuntura ed omeopatia. Così quando durante la prima gravidanza ci accorgemmo che Anika era podalica e non ne voleva sapere di girarsi (si è messa così al 5° mese e non si è più mossa) mio zio mi propose delle tecniche di agopuntura per farla girare. Abbiamo fatto varie sedute di agopuntura ma non sono servite a niente: Anika non si è girata e abbiamo programmato il cesareo.
Raya e l’agopuntura
Se Anika non ne voleva sapere di girarsi, Raya invece non ne voleva sapere di nascere. Il 12 novembre, un lunedì, era la data prevista per il parto, ma tutto taceva. Passano i giorni, i tracciati sono piatti, e io comincio a rassegnarmi ad un altro cesareo: infatti se si è avuto un cesareo non può essere stimolato il parto, come invece si fa per le normali gravidanze che superano di molto il termine. Così parlo con mio zio e, anche se non ho molta fiducia che funzionerà, gli chiedo se ci sono tecniche per stimolare il parto con l’agopuntura. Lui mi dice di sì e il giovedì sera mi pratica una prima seduta. Il venerdì mattina qualcosa si muove, ho qualche piccola perditina di sangue e contrazioni leggermente dolorose, ma sporadiche. Passa il week end e non succede niente, domenica sera mio zio mi fa un’altra seduta… il giorno dopo partorirò Raya. Potrebbe essere soltanto un caso, ma secondo me quelle sedute sono servite e mi hanno evitato il secondo cesareo.
Il travaglio di Anika
Visto che ho fatto un cesareo programmato, con Anika il travaglio me lo sono quasi evitato. Quasi perché in realtà il giorno del cesareo (programmato una settimana prima della dpp, abbiamo aspettato fino all’ultimo nella vana speranza che si girasse) Anika aveva deciso di nascere. Ero arrivata in ospedale alle ore 7.00, digiuna, e il cesareo avrebbe dovuto essere effettuato verso le 4 del pomeriggio. Verso le 9.00 mi mettono sotto tracciato. Dopo un po’ passa l’ostetrica, guarda il tracciato ed esclama “Ma lei è in travaglio! Ma non sente niente?” Io sentivo le contrazioni (era dal 5° mese che ce le avevo!) ma non erano affatto dolorose. Quindi va ad avvertire il mio ginecologo (che lavora in ospedale e che doveva operarmi), il quale mi visita e mi dice che sono già dilatata di 2/3 cm, e quindi bisogna anticipare il parto di qualche ora.
Il travaglio di Raya
Lunedì 19 novembre ero esattamente a 41 settimane e avevo il tracciato prenotato per le 10.30. Ci svegliamo la mattina alle 8.00 e prepariamo Anika per portarla all’asilo. Mentre la preparo avverto delle contrazioni più dolorose del solito. Comincio a cronometrarle e mi sembra siano ogni 15 minuti. Inoltre ho qualche perdita di sangue. Portiamo Anika all’asilo e con calma ci avviamo verso l’ospedale, con la valigia in macchina (ormai è lì da una settimana…). Mi mettono sotto tracciato: contrazioni ogni 10 minuti, non fortissime. Io le sento, sono un po’ dolorose, come un dolore mestruale. Dopo il tracciato l’ostetrica mi visita: sono dilatata di 4 cm! Evviva! Il travaglio è cominciato e mi ricoverano. Mi assegnano la stanza, mi cambio e vado in sala travaglio. Lì mi mettono di nuovo sotto tracciato, io sto bene, i dolori sono sopportabili, le contrazioni sono ancora abbastanza distanziate e io me ne sto con un libro da leggere mentre mio marito scende al bar a mangiare qualcosa. Avevo fatto il colloquio per l’analgesia epidurale e lo dico all’ostetrica. Lei mi guarda perplessa: sono già dilatata di 5 cm e sto benissimo, mi dice che il travaglio è cominciato più che bene, di decidere in fretta se la voglio perché c’è poco tempo. Io decido che la voglio, e non me ne pentirò! Finalmente mi chiama mio zio (l’anestesista): aveva smontato alle 8.00 dal turno di notte e per non disturbarlo gli avevo solo mandato un sms per avvertirlo che il travaglio era cominciato. Mi dice di aspettarlo, che entro un’oretta sarebbe arrivato e mi avrebbe preparato lui il catatere per l’epidurale. Arriva verso le 14.30 e mi mettono il catetere. Siccome i dolori erano ancora sopportabili, decidiamo di fare l’iniezione di analgesico solo quando fossero cominciati i dolori forti. Che arrivano verso le 16.00: ero dilatata di circa 6 cm, le contrazioni arrivavano ogni 7 minuti circa. L’ostetrica chiama mio zio, e mentre lui arriva io comincio a contorcermi dal dolore, con mio marito che tenta la fuga (non sopporta di vedermi soffrire) ed una donna africana, anche lei in travaglio, ma ancora all’inizio, che viene a massaggiarmi la schiena all’altezza dei reni, recandomi un certo beneficio, devo ammettere.
L’iniezione fa presto effetto ed il benessere è totale. Sento le contrazioni ma non il dolore. Viene a trovarmi la morosa di mio fratello, incinta di tre mesi. Siccome in sala travaglio fanno entrare solo i mariti, l’ostetrica mi dà il permesso di andare io in sala d’aspetto. Chiaccheriamo per un’ora, sto benissimo e lei mi guarda incredula: non sembro una donna in travaglio. Si convince all’istante che farà anche lei l’epidurale. Nel frattempo arrivano le 18.00, orario di visite e così entriamo anche noi in reparto, ci guardiamo i bambini, le mostro come sono organizzati con il rooming in (deve ancora decidere in che ospedale partorire). Verso le 18.30 la saluto e torno in sala parto, sotto tracciato. Alle 19.00 l’effetto dell’epidurale comincia a scemare, le contrazioni sono sempre più forti e comincio a urlare dal dolore. Chiedo un rabbocco dell’analgesia, ma l’ostetrica mi visita e dice che sono a 9 cm di dilatazione. Ormai mio zio è andato a casa, mi dicono che siccome manca pochissimo non vale la pena di fare ancora l’analgesia…e io ogni 3/4 minuti urlo e mi contorco dal dolore. Sto in piedi, cammino, durante le contrazioni abbraccio mio marito, piango, mi appoggio ad una sedia, mi accovaccio, ma soprattutto …urlo tanto! Per fortuna ci siamo solo io, mio marito e l’ostetrica. Però tra una contrazione e l’altra ce la passiamo, io e l’ostetrica prendiamo in giro mio marito che ha più paura di me. Le racconto che lui non può vedere tutti quei telefilm tipo E.R, Doctor House, Grey’s Anatomy che io invece adoro.
Il parto di Anika
Comincia la preparazione per il taglio cesareo: depilazione, catetere (fastidiosissimo), flebo… Poi completamente nuda con solo il telo verde sopra mi portano in sala operatoria. Saluto marito e mamma dal mio lettino e ci avviamo. Arrivati in sala operatoria cominciano le operazioni per l’anestesia spinale: ho un freddo cane e tremo, ma poi finalmente l’anestesia comincia a fare effetto, sento una sensazione di caldo e di benessere. Mi attaccano ai vari macchinari, sono distesa a pancia in su e con le braccia distese…praticamente crocifissa! Il gine comincia a tagliare, in sala operatoria c’è un clima disteso e ognuno fa quello che deve fare. Ma intuisco il momento in cui mi tagliano l’utero, perché scende il silenzio e tutti seguono con attenzione: sapevo infatti che dal taglio dell’utero c’è poco tempo per tirare fuori il bambino, perché da quel momento non gli arriva più l‘ossigeno tramite la placenta.
Pochi attimi ed Anika è fuori ed emette il suo primo vagito: sono le 12.40. Non me la fanno vedere subito, la portano a lavare e controllare. Mi dicono “E’ bellissima e sanissima!” Poco dopo me la portano, e la vedo per la prima volta: non piange, è avvolta nel telo verde, me l’accostano al viso e posso baciarla. Poi la portano a mio marito, mentre mi ricuciono. Sto in sala operatoria un’altra mezz’oretta. Ad un certo punto mi vengono forti conati di vomito, allora mi iniettano qualcosa che mi fa stare subito molto meglio.
Poi finalmente mi riportano in camera e posso prendere in braccio la mia piccolina: 2870 gr per 47cm di lunghezza, grandi occhioni scuri e tanti capelli castani.
Il parto di Raya
Sono le 20.00, è da mezz’ora che ho contrazioni violente e invoco di nuovo l’analgesia. Allora l’ostetrica mi visita e dice che sono pronta: si va in sala parto! Dal nulla appaiono una folla di persone: in sala parto ci sono oltre all’ostetrica, la ginecologa e almeno due infermiere. Siamo tutte donne. Mio marito è rimasto fuori, preferisco non dovermi preoccupare anche di lui. Quando arrivano le contrazioni l’ostetrica mi dice di spingere e io dico “Noooo, non ce la facciooooo!!!”. Ma poi ci provo e mi accorgo che quando spingo sento meno il dolore. Non urlo più, tutta l’energia e la forza sono incanalate nelle spinte. L’ostetrica vede che spingo di gola e mi dice “no, non di gola, spingi di pancia” e io mi ricordo del corso pre parto che avevo fatto quando ero incinta di Anika, e mi ricordo come devo spingere. Funziona, e l’ostetrica mi dice “bravissima!” Tra una contrazione e l’altra mi riposo. L’ostetrica dice alla ginecologa “ha una contrazione ogni morte di papa” ma io sono contenta di avere due/tre minuti di sollievo tra le spinte. Sono sul lettino ostetrico e quando spingo mi aggrappo alle maniglie ai lati del lettino: giorni dopo mi accorgerò di essermi ferita un gomito durante il parto, ma non so come. Mi avvertono che mi stanno depilando, poi che mi fanno un po’ di anestesia. Mi fanno l’episiotomia, ma non sento niente. Mi dicono che si vedono i capelli! Per l’ultima spinta la ginecologa mi aiuta spingendo con il suo braccio sul mio ventre. Sono le 20.20 ed è fuori! L’ostetrica la guarda e dice che è una bella bimba, tagliano il cordone e me l’appoggiano sul petto: è calda, viscida e bellissima. La pesano e misurano: 3400 gr per 51 cm! Ma il gine non aveva detto che era piccolina come Anika? Vabbè che è stata una settimana in più in pancia… Nel frattempo è entrato mio marito, gli danno la bambina e che porta lui al nido e la tiene in braccio fino a quando non torno in camera, e ce la coccoliamo insieme. Somiglia al papà, ha i capelli neri incredibilmente folti e lunghi, e gli occhi scuri e un pò a mandorla, come lui. Ma assomiglia molto anche ad Anika.
Il post parto
Sinceramente pensavo di riprendermi più in fretta con il parto naturale, in realtà tra episiotomia, lacerazioni interne ed emorroidi, camminare mi faceva male come dopo il cesareo, se non di più. Però questa volta stavo meglio a livello fisico, per esempio avevo un bell’appetito, mentre dopo il cesareo non ho mangiato per una settimana perché non avevo fame e anzi lo stomaco mi faceva male e digerivo con difficoltà.
In ogni caso sono felice di essere riuscita a partorire naturalmente, dopo il cesareo, ed è un’esperienza che consiglio a tutte!