Il 22 agosto ho fatto la visita e c’erano 2 cm di dilatazione, poi ho fatto il primo monitoraggio e ci siamo subito presi uno spavento: in occasione dell’unica contrazione forte il battito è decelerato e il gine si è impaurito, tanto che mi ha tenuto attaccata al tocografo per un’altra ora.
Così ho dovuto fare un monitoraggio al giorno, la situazione è rimasta sempre stabile, ma, dato che comunque un episodio c’era stato, abbiamo continuato con controlli giornalieri.
La notte tra il 28 e il 29 ho iniziato a sentire delle contrazioni, ma nulla si muoveva.
Il 29 mattina avevo fissato un’altra visita e avevo in programma di fare anche l’esame del liquido amniotico, per vedere se era sempre chiaro.
Durante la visita, però, il gine ha visto del liquido sul guanto, allora mi ha detto che forse avevo rotto le membrane in alto e non me ne ero accorta, così mi ha messo lo speculum e mi ha fatto fare un colpo di tosse e così facendo ho perso altro liquido. Il gine mi ha fatto subito il foglio di ricovero, mi ha detto di andare a casa, fare la doccia e prepararmi, lui sarebbe venuto a prendermi dopo un po’.
Sono rientrata con mio padre (che mi aveva accompagnato), ho sistemato tutto in casa e nel frattempo è arrivata mia mamma, ho finito la valigia, dato il mangime agli uccellini e poi, verso l’una, ho telefonato a mio marito, che, ovviamente, è subito scappato via dall’ufficio, anche se gli avevo detto che non c’era fretta.
Alle 14 sono andata in ospedale con il gine, mi hanno ricoverato e avevo 2.5 cm di dilatazione, ma le contrazioni neppure le sentivo, anche se al tocografo si vedevano ed erano belle e regolari...e così ho sperato che la cosa fosse più facile del previsto (povera illusa!). Nel frattempo ho cominciato a perdere le acque e insieme anche un po’ di vernice caseosa.
Dopo aver parlato a lungo con l’anestesista, a cui ho dovuto spiegare tutti i miei problemi di allergia, ed essermi arrabbiata col socio che non trovava i fogli dei precedenti ricoveri (e sì che glieli avevo fatti vedere un sacco di volte) sono andata in camera e mi sono messa ad aspettare.
Le contrazioni piano piano sono aumentate ma erano sempre sopportabili, alle 18 però è venuta l’ostetrica che mi ha cazziato perché non ero sdraiata, e ha detto che stando sedurta sul letto non aiutavo la discesa della bambina…ma nessuno me l’aveva detto!
Alle 20 le contrazioni erano belle forti,poi, però, si sono improvvisamente fermate e l’ostetrica (nel frattempo era cambiata), mi ha detto che alle 7 del mattino mi avrebbero messo la flebo con l’ossitocina.
Così sono andata a letto, ma verso le 22.30 sono ricominciate più forti che mai, non sapevo che fare, la mia compagna di stanza, reduce dal cesareo, dormiva, la sua mamma e la bambina pure, io ero sola (il socio me l’avevano cacciato) e non volevo dare fastidio, così mi contorcevo in silenzio nel letto.
A mezzanotte però non ce la facevo più, così ho chiamato l’infermiera per chiederle di mandarmi l’ostetrica ma…mentre aspettavo, la bimba della mia vicina di letto ha rigurgitato, così appena è arrivata l’infermiera è stata assalita dalla neo nonna e quella se n’è andata a chiamare la ragazza del nido senza considerarmi!
Alla fine sono andata da sola a cercare aiuto, l’ostetrica però mi ha detto di aspettare ancora, perché dato che avevo rotto le acque da un po’ non voleva visitarmi spesso.
Ho resistito un’altra ora poi sono tornata a cercarla, mi ha visitato e mi ha detto che avevo l'utero appianato ma solo 3.5 cm di dilatazione, per cui niente da fare.
Le contrazioni sono aumentate e diventate molto vicine (uno o due minuti), ma alle 4 del mattino ero solo a 4 cm. Allora quella santa ostetrica di Marisa mi ha detto di provare con la doccia, mi ha aiutata lei stessa a sistemarmi e, dato che al buio non trovavo l’accappatoio, mi ha dato dei teli per asciugarmi e ha messo per terra delle traverse per evitare che scivolassi, poi mi ha detto che, se volevo, potevo chiamare il marito e il gine. Io però ho preferito aspettare per vedere se la situazione si sbloccava. Sono stata a mollo per un'ora e mezza, con la doccia e la porta del bagno aperta per non soffocare (alla faccia del senso del pudore, ma tanto dormivano tutte).
Alle 5.30 sono uscita e ho chiamato il marito chiedendogli se ce la faceva ad arrivare verso le sei, subito dopo l’ostetrica mia ha fatto un’altra visita e finalmente mi ha detto che ero arrivata a 6 cm.
Tempo dieci minuti e ti vedo un ombra dietro al vetro della porta del reparto, era il socio che si era precipitato, ma non lo facevano entrare, così sono uscita io.
Passeggiamo per i corridoi deserti e io ogni tanto mi devo fermare perché il dolore è proprio forte.
Dopo un po’ non resisto più e torno a cercare l’ostetrica, che mi guarda ancora una volta e mi dice che ci dobbiamo trasferire in sala travaglio e che a questo punto devo chiamare il mio gine (lui non è più ospedaliero, ma poteva comunque assistere al travaglio).
Alle 6 e 15 ci trasferiamo e lei mi aiuta a portare le mie cose, ma una volta lì mi dice che ancora il collo non è del tutto appianato e quindi non devo spingere. E qui la prima crisi, i dolori sono fortissimi e non spingere è impossibile, mi attacco al braccio di mio marito piangendo e dicendo che non ce la faccio.
Nel frattempo devo anche mettermi le calze elastiche anti trombo: il socio cerca di aiutarmi, ma alla fine devo aiutarmi da sola tra una contrazione e l’altra.
Verso le 6.45 mi dicono che posso iniziare a spingere e nel frattempo cambio della guardia, arriva un’altra ostetrica e Marisa mi saluta dicendomi di non mollare.
La nuova, Enza, mi fa alzare e mi spiega come spingere appoggiandomi con le braccia al letto, va decisamente meglio, ma il lavoro è ancora lungo. Mi dice di urlare, che così starò meglio, a me non viene, ma dopo un po’ comincio a cacciare dei begli urli…dopo un po’ si cambia ancora, mi mette sulla sedia e lei si sdraia per terra per controllare la situazione e continua ad incitarmi. Spingo e spingo, ma ancora niente.
Torniamo sul letto, lei è sempre accanto a me e mio marito pure, Enza mi costringe a ingoiare due bustine di zucchero e a bere (ero digiuna da più di ventiquattro ore) ad un certo punto chiama Ale e gli fa vedere la testa di Sofia, lui mi incita, mi dice che ci siamo quasi (anche se dopo confesserà di non aver visto nulla!!).
Il tempo sembra non passare mai, io mi sento spaccare in due, e inizio a credere di non essere in grado di spingere come si deve, comincio a dire che sono una frana, che non sono capace, ma per fortuna Enza e il gine, che nel frattempo è arrivato, mi dicono che sto andando bene e che devo solo continuare così.
Mi impegno, spingo e spingo, ma niente, Sofia è sempre lì, loro la vedono, io sono a pezzi, ma non esce. Mi dicono che fuori c’è anche un nostro amico, anche lui gine, che non era di turno ma è venuto lo stesso.
Ad un certo punto il mio gine mi dice di smettere di urlare e di concentrarmi tutta sulle spinte…non mi pare vero, stringo i denti e vai di nuovo e così dopo un po’ mi dicono che ora si può andare in sala parto.
Il socio non vuol venire e così il gine di turno fa mettere il camice anche al mio gine, che però non potrà intervenire, ma solo guardare, io prendo la mano di Enza e la prego di non lasciarmi, lei ride e mi dice di sì, ma che devo darle il tempo di mettersi almeno il camice verde.
Così ci spostiamo,salgo sulla poltrona da parto, vedo il mio gine di fronte a me che mi sorride, mentre alla mia sinistra compare il nostro amico, ai lati della poltrona ci sono ovviamente Enza e il gine di turno. Subito arriva una bella contrazione, tre spinte, ma niente, e Enza, dopo aver guardato il mio gine, che ha annuito piano piano per non farsi vedere, mi dice che mi devono fare l’episiotomia, così il gine dell’H mi fa l’anestesia locale e lei taglia.
Altre tre spinte e il mio amico gine mi sussurra all’orecchio che con la prossima sarà tutto finito.
Gli credo e spingo con tutte le mie forze e all’improvviso sento una sensazione stranissima e un urletto, sono le 9.18 ed è nata Sofia

Me l'hanno messa sulla pancia che ancora aveva il cordone attaccato!Aveva gli occhi aperti, era tutta sporca e rossa, ma a me è sembrato che ci conoscessimo da sempre!
Le ho toccato una manina e le ho detto “come sei grande, e sei uguale al babbo”, non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso, volevo dirle tante cose, ma mi si è chiusa la gola e dopo poco me l’hanno tolta per tagliare il cordone; nel frattempo mi sono ritrovata il socio accanto che piangeva e mi ringraziava per avergli fatto il più bel regalo della sua vita.
Mentre il babbo poteva prendere in braccio la piccola, io sono rimasta lì a farmi spremere la pancia, mentre il nostro amico mi abbracciava e mi diceva che ero stata brava. Mentre mi ricucivano per benino è tornato Ale con Sofia in braccio che urlava, io non riuscivo a vederla bene e continuavo a chiedere se stava bene, se era tutto a posto, quanto pesava…e non vedevo l’ora che il dottore finisse!
E qui inizia la parte comica!
Dopo un bel po’ di punti e varie garze cicatrizzanti, mi dicono che si può uscire e l’ostetrica va in sala travaglio a prendere le mie cose e…non si trovano le mutande a rete! Io dico che in camera ne ho un altro pacco e così un infermiere viene mandato a prenderle. Si tratta però di un novellino che, anziché chiedere ai miei parenti di dargli una mano va diretto in camera mia e inizia a frugare nell’armadio (solo che il pacco era nel comodino) e così, dopo un quarto d’ora, medici e personale vario cominciano a innervosirsi a tutti che urlano “ma dove sono ‘ste mutande?” :ahah . Io non so che fare, non mi posso muovere, voglio vedere la mia bimba e sono stanca. Alla fine parte Enza, ferma mia mamma nel corridoio e loro due finalmente riescono nell’impresa!

Così sono potuta tornare in sala travaglio e lì, finalmente, mi hanno portato la mia bimba avvolta nel suo asciugamano bianco. Si era calmata e mi sembrava che mi guardasse con quegli occhioni neri…Enza me l’ha attaccata al seno e lei ha iniziato subito a succhiare


E solo allora mi sono messa a piangere...