....[dopo aborto terapeutico X anencefalia]
Inviato: 16 gen 2009, 14:57
Ciao a tutte.
Sono nuova e già mi ritrovo a scrivere in questa sezione.
Il 18 novembre, appena rientratad al viaggio di nozze, ho scoperto di essere incinta, sesta settimana. Non mi ero mai sentita così. Fortissima e fragilissima allo stesso tempo, me ne andavo in giro col mio segreto nella pancia (solo io e mio marito lo sapevamo, per le famiglie abbiamo voluto aspettare un po'), e la testa fra le nuvole. Ogni mio pensiero era già per lui, o per lei. Non avrei mai creduto, prima di rimanere incinta, che si potesse amare così tanto fin da subito qualcuno che effettivamente ancora non c'è. Volevo fortissimamente questo bambino e mio marito con me, passavamo le sere con la mano sulla pancia a parlare di come sarebbe stato. Ora so che abbiamo, che ho sbagliato. Permettere che questo pensiero riempia le tue giornate fa si che quando se ne va non rimanga altro che il vuoto. Alla fine della 10 settimana ho fatto una eco dalla mia ginecologa, la sera prima avevo avuto un po' di sangue nelle mutandine e il mio stato d'animo era indescrivibile. La frase che non dimenticherò mai è stata: "Allora..il battito c'è, ma il bambino ha qualcosa che non va...alla testa". Io già a quel primo "allora" ho cominciato a piangere, avvinghiata alla mano di mio marito. "ha qualcosa che non va alla testa", quindi. Non so se vi è mai capitata di avere la sensazione di vivere le vita di un'altra persona, e di essere quasi colta dal panico perchè quella non è la tua vita, non sai come gestirla, è una situazione che non ti appartiene. Io ero stesa su quel lettino con la vista annebbiata per le lacrime che mi scendevano giù lungo le guance, lungo il collo, con mio marito che nella sua disperazione mi sorrideva e cercava di farmi forza.
La ginecologa ci ha spiegato che si trattava di anencefalia, una malformazione incompatibile con la vita. La possibilità per il mio bambino erano due: o nascere morto o morire immediatamente dopo la nascita. Inoltre il fatto che gli mancasse parte della calotta cranica avrebbe potuto complicare il parto e rendere necessario un cesareo. La dottoressa ci ha detto che l'unica soluzione, compatibilmente con le nostre convinzioni religiose o comunque morali, era abortire.
Io non vi so dire - non so spiegarlo nemmeno a me stessa - quello che provavo in quel momento nè quello che è passato nella mia testa nelle ore, nei giorni successivi.
Il giorno dopo sono andata in ospedale a fare un'altra ecografia perchè la mia ginecologa voleva rivedere le immagini con una sua collega. Quella sera ho pregato con disperazione perché accadesse un miracolo, perché -suona ridicolo, mi rendo conto - nel corso della notte si formasse ciò che non si era formato in undici settimane. Il giorno dopo l'altra dottoressa ha confermato tutto e mi hanno inserita nella lista del giorno successivo, mancava una settimana esatta a Natale.
Mio marito è credente, praticante, ha dei principi morali saldissimi ma ha subito escluso la possibilità di portare avanti la gravidanza. Mi ha detto chiaramente che non avrebbe tenuto fede a dei principi morali in quel frangente così assurdi sulla mia pelle, che mai mi avrebbe chiesto di portare avanti una gravidanza per nove mesi, partorire o correre il rischio di un cesareo per poi tornarmene a casa vuota e senza il mio bambino. Lui è stato la mia roccia. Non ha pensato nemmeno per un attimo al suo dolore (l'ho sorpreso a piangere di nascosto, povero amore mio), mi ha fatta parlare fino alla nausea, mi ha fatta piangere e tirare fuori tutto quello che avevo dentro. Adesso è passato quasi un mese, sto un po' meglio anche se a volte sono un po' inquieta, altre mi viene quel groppo in gola che forse alcune di voi ben conoscono. So che sono giovane e che avrò altre possibilità. Io stessa mi ripeto che avrò dei bambini e che saranno sanissimi. Non riesco però a non pensare che ce l'avevo già il mio bambino, che io volevo quello, proprio quello lì. Mio marito dice che sarà proprio lui a tornare e io voglio crederci.
So che tornerò ad essere serena ma sicuramente questa cosa non passerà mai del tutto e soprattutto io non voglio dimenticare questo bambino.
Fra poco forse potremo ritentare, io ho molta voglia di riprovare ed al tempo stesso sono terrorizzata. Mi sento col fianco scoperto, esposta a qualsiasi rischio. Penso che potrebbe ricapitare o che potrebbe capitare un'altra cosa, se penso a quante complicazioni o malformazioni possono capitare mi gira la testa.
Eppure non posso che ritentare e se andrà male tentare un'altra volta perchè una volta che sei mamma (passatemi il termine, per undici settimane mi sono sentita mamma) non puoi smettere e io non posso smettere di cercare il mio bambino finchè non l'avrò ritrovato.
Scusate se mi sono dilungata, grazie dello sfogo.
Sono nuova e già mi ritrovo a scrivere in questa sezione.
Il 18 novembre, appena rientratad al viaggio di nozze, ho scoperto di essere incinta, sesta settimana. Non mi ero mai sentita così. Fortissima e fragilissima allo stesso tempo, me ne andavo in giro col mio segreto nella pancia (solo io e mio marito lo sapevamo, per le famiglie abbiamo voluto aspettare un po'), e la testa fra le nuvole. Ogni mio pensiero era già per lui, o per lei. Non avrei mai creduto, prima di rimanere incinta, che si potesse amare così tanto fin da subito qualcuno che effettivamente ancora non c'è. Volevo fortissimamente questo bambino e mio marito con me, passavamo le sere con la mano sulla pancia a parlare di come sarebbe stato. Ora so che abbiamo, che ho sbagliato. Permettere che questo pensiero riempia le tue giornate fa si che quando se ne va non rimanga altro che il vuoto. Alla fine della 10 settimana ho fatto una eco dalla mia ginecologa, la sera prima avevo avuto un po' di sangue nelle mutandine e il mio stato d'animo era indescrivibile. La frase che non dimenticherò mai è stata: "Allora..il battito c'è, ma il bambino ha qualcosa che non va...alla testa". Io già a quel primo "allora" ho cominciato a piangere, avvinghiata alla mano di mio marito. "ha qualcosa che non va alla testa", quindi. Non so se vi è mai capitata di avere la sensazione di vivere le vita di un'altra persona, e di essere quasi colta dal panico perchè quella non è la tua vita, non sai come gestirla, è una situazione che non ti appartiene. Io ero stesa su quel lettino con la vista annebbiata per le lacrime che mi scendevano giù lungo le guance, lungo il collo, con mio marito che nella sua disperazione mi sorrideva e cercava di farmi forza.
La ginecologa ci ha spiegato che si trattava di anencefalia, una malformazione incompatibile con la vita. La possibilità per il mio bambino erano due: o nascere morto o morire immediatamente dopo la nascita. Inoltre il fatto che gli mancasse parte della calotta cranica avrebbe potuto complicare il parto e rendere necessario un cesareo. La dottoressa ci ha detto che l'unica soluzione, compatibilmente con le nostre convinzioni religiose o comunque morali, era abortire.
Io non vi so dire - non so spiegarlo nemmeno a me stessa - quello che provavo in quel momento nè quello che è passato nella mia testa nelle ore, nei giorni successivi.
Il giorno dopo sono andata in ospedale a fare un'altra ecografia perchè la mia ginecologa voleva rivedere le immagini con una sua collega. Quella sera ho pregato con disperazione perché accadesse un miracolo, perché -suona ridicolo, mi rendo conto - nel corso della notte si formasse ciò che non si era formato in undici settimane. Il giorno dopo l'altra dottoressa ha confermato tutto e mi hanno inserita nella lista del giorno successivo, mancava una settimana esatta a Natale.
Mio marito è credente, praticante, ha dei principi morali saldissimi ma ha subito escluso la possibilità di portare avanti la gravidanza. Mi ha detto chiaramente che non avrebbe tenuto fede a dei principi morali in quel frangente così assurdi sulla mia pelle, che mai mi avrebbe chiesto di portare avanti una gravidanza per nove mesi, partorire o correre il rischio di un cesareo per poi tornarmene a casa vuota e senza il mio bambino. Lui è stato la mia roccia. Non ha pensato nemmeno per un attimo al suo dolore (l'ho sorpreso a piangere di nascosto, povero amore mio), mi ha fatta parlare fino alla nausea, mi ha fatta piangere e tirare fuori tutto quello che avevo dentro. Adesso è passato quasi un mese, sto un po' meglio anche se a volte sono un po' inquieta, altre mi viene quel groppo in gola che forse alcune di voi ben conoscono. So che sono giovane e che avrò altre possibilità. Io stessa mi ripeto che avrò dei bambini e che saranno sanissimi. Non riesco però a non pensare che ce l'avevo già il mio bambino, che io volevo quello, proprio quello lì. Mio marito dice che sarà proprio lui a tornare e io voglio crederci.
So che tornerò ad essere serena ma sicuramente questa cosa non passerà mai del tutto e soprattutto io non voglio dimenticare questo bambino.
Fra poco forse potremo ritentare, io ho molta voglia di riprovare ed al tempo stesso sono terrorizzata. Mi sento col fianco scoperto, esposta a qualsiasi rischio. Penso che potrebbe ricapitare o che potrebbe capitare un'altra cosa, se penso a quante complicazioni o malformazioni possono capitare mi gira la testa.
Eppure non posso che ritentare e se andrà male tentare un'altra volta perchè una volta che sei mamma (passatemi il termine, per undici settimane mi sono sentita mamma) non puoi smettere e io non posso smettere di cercare il mio bambino finchè non l'avrò ritrovato.
Scusate se mi sono dilungata, grazie dello sfogo.