Ai fini della deroga al divieto di licenziamento il concetto di cessazione dell'attività dell'azienda deve
essere interpretato in senso non strettamente letterale, e può ricomprendere anche la cessazione di un
reparto formalmente e strutturalmente autonomo, qualificata da una sua specifica attività, diversa da quella
(o da quelle) delle altre strutture aziendali, ma spetta al datore di lavoro dimostrare puntualmente che
non sussiste la possibilità di impiegare la lavoratrice in un diverso reparto o in una diversa struttura
aziendale: come insegna la giurisprudenza di questa Corte, "in tema di tutela della lavoratrice madre, la
deroga al divieto di licenziamento di cui alla L. 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 2, lett. b), nella
ipotesi "di cessazione dell'attività dell'azienda, cui essa è addetta", deve intendersi nel senso che il
licenziamento è possibile - come previsto alla L. n. 1204 del 1971, art. 2, u.c., per la deroga all'analogo
divieto di sospensione della lavoratrice nello stesso periodo della gravidanza e del puerperio - anche nel
caso di cessazione dell'attività del reparto cui essa è addetta, sempre che il reparto abbia autonomia
funzionale, ed a condizione che il datore di lavoro assolva l'onere probatorio - a proprio carico - circa
l'impossibilità di utilizzare la lavoratrice presso altri reparti dell'azienda." (Cass. civ.; 21 dicembre 2004, n.
23684; nello stesso senso, 8 settembre 1999, n. 9551; 2 aprile 1992, n. 4034; 9 febbraio 1990, n. 941; 19
dicembre 1986, n. 7752). Ciò significa che in concreto la chiusura di un reparto può essere causa
giustificativa del licenziamento di una lavoratrice soltanto se ed in quanto il reparto sia formalmente e
strutturalmente autonomo, ed in quanto non sussista nessuna possibilità di riutilizzare la lavoratrice
presso un diverso reparto o una diversa struttura aziendale. La prova della sussistenza di quest'ultima
condizione ricade sul datore di lavoro (in questo senso, la già ricordata Cass. civ. 21 dicembre 2004, n.
23684).
chi mi illumina?
