considerazioni alla fine dei colloqui
Inviato: 7 ago 2008, 10:11
Qualche mese fa temevo questi colloqui. Immaginavo persone invadenti che volevano sapere tutto della mia vita, dei miei pensieri e del perchè volessi diventare mamma.
Dopo il primo incontro con l'assistente sociale ero piuttosto delusa. Mi sembrava solo una sequenza di domande senza possibilità di costruire qualcosa in più. Al corso dell'area vasta ci avevano detto che i colloqui servivano come momento di riflessione e crescita, come occasione per ripensare alla propria scelta e a rendersi conto della nostra effettiva disponibiltà. Ma dopo il primo colloquio non ero tanto sicura che da questi incontri sarei uscita più arricchita e consapevole....
Poi invece ho capito il diverso punto di vista di ass sociale e psico: l'una, e il suo titolo già doveva darmi degli indizi, deve cercare di capire il contesto sociale della famiglia che intende adottare. Abitudini, stile di vita, legami familiari, lavoro, amici, casa...insomma, capire proprio in che microsocietà andrà a vivere questo bambino. Siamo noi che dobbiamo fornire informazioni per far capire a lei e al tribunale chi siamo e come viviamo.
Gli incontri con la psicologa servono invece effettivamente come momento di crescita e aiutano a guardarsi dentro a rendersi conto della consapevolezza che abbiamo.
E' vero...è lei che cerca di vedere i sentimenti che ti spingono a fare la scelta del percorso adottivo, ma ovviamente in quel momento sei anche tu che ti guardi dentro e capisci. E se le motivazioni sono buone, se la consapevolezza c'è...è bello guardarsi dentro e rendersi conto di quanto si sta facendo.
Avevo diversi timori. Sapevo di avere dei grossi limiti per quanto riguarda la disponibilità di adottare un bambino e pensavo, erroneamente, che tali limiti potessero pregiudicare il mio percorso. Invece proprio questi limiti sono stati apprezzati dalla psicologa. Ad esempio pensavo che venisse visto negativamente il fatto che sono disponibile ad adottare un bimbo piccolo. Limite 0-3 anni. E proprio nel momento in cui mi ha chiesto la mia disponibilità io ho fatto presente che ero pienamente consapevole che un limite di questo tipo poteva in qualche modo rallentare il mio percorso, ma che nonostante tutto non ero pronta a fare l'"eroe", a dimostrarmi disponibile nei confronti di un'esperienza che poi non sarei forse stata in grado di gestire. Lei ha apprezzato molto questa onestà e mi ha capita.
Altra cosa che pensavamo essere sbagliata e che invece ci siamo resi conto essere in realtà un grandissimo passo verso una maggiore consapevolezza è il fatto che l'adozione non è un'opera di bene. Non si va lì spinti dalla voglia di aiutare un bambino, dargli una famiglia, la possibilità di vivere una vita diversa da quella che il destino pare avergli riservato. Si va lì spinti da un bisogno. Da un nostro bisogno. Dal bisogno di essere genitori, dal bisogno di essere una famiglia, dal bisogno di provarsi come madre e come padre. ci spoiegava la psico che questa consapevolezza serve a superare le eventuali difficoltà perchè siamo noi che vogliamo costruire questo rapporto. e l'adozione ha successo quando il bisogno nostro e il bisogno di questo bambino si completano. quando si compensano l'uno con l'altro.
L'altra grande paura era come avrebbero potuto considerare il nostro trascorso di pma. Io ho scelto di dire tutto quanto ci era accaduto. di dire che inizialmente l'adozione era una possibilità, sì, ma che non riuscivo ad essere pienamente convinta. poi invece conoscere meglio questo percorso, conoscere persone che lo stavano percorrendo prima di noi, mi ha aiutato ad avvicinarmi, in maniera naturale a questa scelta. secondo me, quando inizia a fantasticare sull'idea di questo bambino, il primo incontro, la vita insieme a lui, la costruzione di questo rapporto e in quel momento ti emozioni...allora capisci che la strada che hai imboccato è quella giusta.
abbiamo parlato molto in questi giorni io e mio marito e ci sentiamo molto arricchiti da questi incontri, così tanto che non immaginavamo sarebbe stato possibile.
Ci sono persone che pensano "ma che palle, farò del bene ad un bambino e questi mi vengono a fare il terzo grado????" . Non è così...se siamo lì è perchè la prima ragione che ci spinge ad essere lì è fare del bene a noi stessi e la cosa magnifica è che per fare del bene a noi stessi riusciamo a dare l'opportunità di un futuro migliore ad un bambino che non conosciamo, che non sappiamo neanche se sia già nato ma che, nonostante tutto fa già parte della nostra vita e dei nostri sogni.
Dopo il primo incontro con l'assistente sociale ero piuttosto delusa. Mi sembrava solo una sequenza di domande senza possibilità di costruire qualcosa in più. Al corso dell'area vasta ci avevano detto che i colloqui servivano come momento di riflessione e crescita, come occasione per ripensare alla propria scelta e a rendersi conto della nostra effettiva disponibiltà. Ma dopo il primo colloquio non ero tanto sicura che da questi incontri sarei uscita più arricchita e consapevole....
Poi invece ho capito il diverso punto di vista di ass sociale e psico: l'una, e il suo titolo già doveva darmi degli indizi, deve cercare di capire il contesto sociale della famiglia che intende adottare. Abitudini, stile di vita, legami familiari, lavoro, amici, casa...insomma, capire proprio in che microsocietà andrà a vivere questo bambino. Siamo noi che dobbiamo fornire informazioni per far capire a lei e al tribunale chi siamo e come viviamo.
Gli incontri con la psicologa servono invece effettivamente come momento di crescita e aiutano a guardarsi dentro a rendersi conto della consapevolezza che abbiamo.
E' vero...è lei che cerca di vedere i sentimenti che ti spingono a fare la scelta del percorso adottivo, ma ovviamente in quel momento sei anche tu che ti guardi dentro e capisci. E se le motivazioni sono buone, se la consapevolezza c'è...è bello guardarsi dentro e rendersi conto di quanto si sta facendo.
Avevo diversi timori. Sapevo di avere dei grossi limiti per quanto riguarda la disponibilità di adottare un bambino e pensavo, erroneamente, che tali limiti potessero pregiudicare il mio percorso. Invece proprio questi limiti sono stati apprezzati dalla psicologa. Ad esempio pensavo che venisse visto negativamente il fatto che sono disponibile ad adottare un bimbo piccolo. Limite 0-3 anni. E proprio nel momento in cui mi ha chiesto la mia disponibilità io ho fatto presente che ero pienamente consapevole che un limite di questo tipo poteva in qualche modo rallentare il mio percorso, ma che nonostante tutto non ero pronta a fare l'"eroe", a dimostrarmi disponibile nei confronti di un'esperienza che poi non sarei forse stata in grado di gestire. Lei ha apprezzato molto questa onestà e mi ha capita.
Altra cosa che pensavamo essere sbagliata e che invece ci siamo resi conto essere in realtà un grandissimo passo verso una maggiore consapevolezza è il fatto che l'adozione non è un'opera di bene. Non si va lì spinti dalla voglia di aiutare un bambino, dargli una famiglia, la possibilità di vivere una vita diversa da quella che il destino pare avergli riservato. Si va lì spinti da un bisogno. Da un nostro bisogno. Dal bisogno di essere genitori, dal bisogno di essere una famiglia, dal bisogno di provarsi come madre e come padre. ci spoiegava la psico che questa consapevolezza serve a superare le eventuali difficoltà perchè siamo noi che vogliamo costruire questo rapporto. e l'adozione ha successo quando il bisogno nostro e il bisogno di questo bambino si completano. quando si compensano l'uno con l'altro.
L'altra grande paura era come avrebbero potuto considerare il nostro trascorso di pma. Io ho scelto di dire tutto quanto ci era accaduto. di dire che inizialmente l'adozione era una possibilità, sì, ma che non riuscivo ad essere pienamente convinta. poi invece conoscere meglio questo percorso, conoscere persone che lo stavano percorrendo prima di noi, mi ha aiutato ad avvicinarmi, in maniera naturale a questa scelta. secondo me, quando inizia a fantasticare sull'idea di questo bambino, il primo incontro, la vita insieme a lui, la costruzione di questo rapporto e in quel momento ti emozioni...allora capisci che la strada che hai imboccato è quella giusta.
abbiamo parlato molto in questi giorni io e mio marito e ci sentiamo molto arricchiti da questi incontri, così tanto che non immaginavamo sarebbe stato possibile.
Ci sono persone che pensano "ma che palle, farò del bene ad un bambino e questi mi vengono a fare il terzo grado????" . Non è così...se siamo lì è perchè la prima ragione che ci spinge ad essere lì è fare del bene a noi stessi e la cosa magnifica è che per fare del bene a noi stessi riusciamo a dare l'opportunità di un futuro migliore ad un bambino che non conosciamo, che non sappiamo neanche se sia già nato ma che, nonostante tutto fa già parte della nostra vita e dei nostri sogni.