Arrivo lunedì in ospedale accompagnata dal marito e aspetto che mi ricoverino e inizino il primo ciclo di prostaglandine… per tutto il lunedì (dalle 9.30 alle 22.00) mi somministrano le candelette di farmaco ogni 3 ore e io inizio a stare veramente male. Come mi ha spiegato un’amica medico, le prostaglandine sono delle sostanze prodotte dal corpo umano durante un’infezione (assumere un’aspirina blocca la loro produzione): sono delle schifezze cui purtroppo non hanno ancora trovato alternative. Tra i fantastici effetti collaterali, oltre alle desiderate contrazioni uterine, io ho provato cefalea, nausea&vomito, diarrea, stanchezza e febbre con brividi, sintomi che mi hanno demolito ancora prima dell’inizio del travaglio.
Nonostante non sia mai stata sola durante la giornata (a mio marito si sono alternati mia mamma, mia zia, mia nonna e mio papà) è stato durissimo… il terrore più grande è stato che il primo ciclo di prostaglandine non facesse effetto e che dovessi rimanere oltre in ospedale per ri-iniziare nuovamente la tortura. Fortunatamente no… A distanza di 5 ore dall’ultimo ovulo, alle 3 di notte inizia finalmente il travaglio.
Per quanto fosse un parto a metà, il dolore è stato tremendo… Continuavo a chiedere antidolorifici, che più di tanto non hanno fatto ed a causa di un piccolo ritardo nella somministrazione ho avuto circa 20 minuti di contrazioni ‘nature’, ovvero 40 secondi di dolore atroce ripetuto ogni 2 minuti.
Alle 5 l’ultimo analgesico fa effetto e mi ritrovo a sprofondare in un sonno farmacologico fino alle 6.30-7.00. Le contrazioni si sono calmate, ma sta volta vedo finalmente del sangue. Chiamo l’ostetrica che mi controlla e mi dice di fare pipì… a fatica riesco a sedermi sulla sedia di fianco al letto dove mi avevano posato la padella e oltre all’urina inizio il vero e proprio parto.
Pallino è nato morto alle 7.25 di mattina, dopo 24 ore di travaglio indotto, sul mio letto. E’ stato tremendo aspettare che finisse il parto della placenta (circa 5 minuti) con la consapevolezza che il figlio che non abbiamo potuto avere giaceva in mezzo alle mie gambe sul letto.
Non ho voluto e non ho potuto vedere… sarebbe stato inutile e doloroso. Voglio ricordarmi il nostro bimbo come una pallina di energia che scalciava nell’ecografo e basta.
Espletati gli obblighi burocratici, l’incubo finisce. Il dolore fisico è passato, quello psicologico deve ancora arrivare, sopraffatto dall’istinto di sopravvivenza che mi porta a tenere duro fino alla fine del ricovero. Trascorro l’ultima giornata (ieri, martedì 10) in una strana sensazione di liberazione, tra esami, visite e ahimè bimbi che piangevano… alle 19.00 mi dimettono e finalmente torno a casa coccolata dal marito. In macchina leggo il referto del ricovero e scopro finalmente che nostro figlio era un maschietto… scoppio a piangere senza riuscire a fermarmi.
In questa bruttissima esperienza DEVO però ringraziare di cuore tutto il personale del reparto di ginecologia e ostetricia di Carmagnola, ospedale dove lavora in mio ginecologo. Oltre alla struttura nuovissima (stanze da due letti con il bagno privato in camera), tutti – consci del dolore che causava il mio ricovero – hanno fatto di tutto per lasciarmi da sola e tranquilla, senza puerpere in camera, coccolandomi, abbracciandomi e sorreggendomi quando avevo bisogno. E’ bello sapere che realtà del genere esistono e sono pubbliche.
Raccontare quest’esperienza non è stato facile, spero però serva a quelle sfortunatissime donne che come me ci passeranno attraverso. Sarà duro, ma prima o poi anche quello finirà. Piangete, sfogatevi, abbracciate il vostro compagno e le persone a voi care, ma poi ricominciate a vivere. Di vita ne abbiamo una sola e, anche se in questo momento è difficile crederlo, non è così brutta.
Dopo due mesi, si ricomincia, con l’augurio che la cicogna faccia il suo lavoro fino in fondo.
Un abbraccio a tutte
