

Vorrei fare un piccolo incipit citando il giorno 11 luglio, quando, in seguito ad un ricovero per false contrazioni (che io avevo confuso per “quelle giuste”), ho perso il tappo mucoso. Dopo questo evento ho sentito molti pareri diversi in merito…Alcune donne mi hanno riferito di aver partorito nelle 24 ore successive la perdita del tappo mucoso, altre dopo 2 settimane. Io faccio parte della seconda schiera. Infatti precisamente due settimane dopo (durante le quali non ho avvertito nessun tipo di particolare disturbo o campanello d’allarme) è arrivato Martino.
Sono le 22.40 di sera del 24 giugno e io mi trovo appena fuori dal locale che gestiscono i miei suoceri sul lago di Garda a parlare con alcuni amici in piedi. Mi sento molto strana…ho delle fitte molto forti al basso utero, ma siccome le avevo spesso ormai da un mese, non ci do molto peso. Mio marito mi guarda, capisce che non sto per niente bene e se ne convince ancora di più quando all’improvviso mi aggrappo al suo braccio perché vedo tutto girare attorno a me e quasi svengo. Allora mi dice che è meglio se entro nel locale dei suoi genitori e mi siedo un attimo. Non vi dico le facce dei miei suoceri quando mi vedono che non sto bene…tutti con un sorriso 89 denti, felicissimi… (ovviamente perché stavano sperando che fosse arrivato il momento), intanto io sento delle fitte sempre più forti che mi impediscono di stare in piedi più di 2 minuti, sento le voci della gente sempre più lontane e inizio a soffrire parecchio. Così, visto che l’ospedale dove voglio partorire si trovava a un’ora e un quarto di macchina, io e mio marito decidiamo di salutare tutti e andare verso casa…e poi probabilmente, in base all’evolversi della situazione, all’ ospedale.
Alle 23.30 siamo in macchina, per arrivare a casa nostra ci vogliono 40 minuti…e sono stati 40 minuti lunghissimi, durante i quali sono iniziate delle contrazioni veramente dolorose e mio marito ha iniziato a contare ogni quanto si presentavano guardano sull’orologio del cruscotto dell’auto. Le avevo ogni 10 minuti abbastanza regolari!!! Nonostante cio’ non voglio illudermi che sia giunto il momento, visto che due settimane prima avevo avuto un falso allarme e visto che alla data presunta del parto mancano ancora due settimane. A mezzanotte e un quarto io e mio marito arriviamo a casa nostra e io, testarda, mi sono messa in pigiama e mi sono messa a letto e gli ho detto: “Amore, io provo a dormire, magari tra poco mi passa tutto come l’altra volta.” Siiii dormire!!!!!!! E chi ci riesce!!???!!! Iniziano a venirmi le contrazioni sempre più ravvicinate, ormai sono intervallate solo da 5 minuti di pausa tra una e l’altra e io mi contorco dal male. Allora decido di chiamare l’ospedale e di chiedere se era il caso di aspettare ancora o di andare. L’ostetrica al telefono mi dice: “Se le hai ogni 5 minuti è meglio che vieni subito!”.
Così mi decido. Mi faccio aiutare da mio marito, mi rivesto velocemente e infilo le ultime cose in valigia tra una contrazione e l’altra. Quando arriva la contrazione mi piego per terra e sto giù a respirare come mi hanno insegnato al corso (sono ancora nella fase in cui si riesce abbastanza a controllare il respiro). Mio marito mi dice di lasciare stare che mette a posto lui tutte le ultime cose, che non devo sforzarmi…è molto premuroso…
In macchina mentre raggiungevamo l’ospedale inizia a diventare davvero dura sopportare il male. Dopo una mezz’ora siamo arrivati, scendo dalla macchina, ma non riesco proprio a stare in piedi quando arriva la contrazione, così in mezzo alla strada e sul marciapiede devo fare diverse tappe durante le quali mi aggrappo a mio marito e mi piego a 90° per stare su e non cadere a terra. L’ingresso principale dell’ospedale è chiuso perché sono le una e un quarto di notte ed è una clinica, maledizione!!! Così dobbiamo fare il giro dell’edificio per raggiungere l’ingresso notturno…e io, mentre impreco, devo nel frattempo fare altre 2 “pause contrazione” sul marciapiede con mio marito che ora impreca anche lui per l’agitazione. Finalmente sono in reparto! Mi viene incontro un’ostetrica e mi dice di stare un attimo seduta sulle sedie in corridoio ad aspettare che arrivi il ginecologo a visitarmi. Sì, certo, seduta sulle sedie!! Bella questa! Durante l’attesa, che mi sembra eterna, sulle sedie non ci riesco proprio a stare quando arrivava la contrazione! Così mi metto in ginocchio in mezzo al corridoio con mio marito che cerca di sostenermi in qualche modo. Finalmente arriva il ginecologo e mi si illuminano gli occhi…


quattro centimetri di dilatazione, travaglio avviato. Evviva, penso io, ci siamo!
Mi dice di accomodarmi nella stanza pretravaglio e di vestirmi come voglio. Con l’aiuto di maritino e ostetrica riesco a cambiarmi e a mettere la camicia da notte che ho scelto per il parto. Poi un’infermiera mi fa una peretta per fami andare di corpo. Nella stanza pretravaglio, noto di sfuggita che c’è un’altra donna sdraiata a letto, ma non rimango in quella stanza a lungo, perché urlo troppo ed, essendo notte, disturbo le altre mamme ricoverate. Così mi trasferiscono subito nella sala travaglio (più isolata). Qui, con mio marito, posso urlare, provare più posizioni…delle quali nemmeno una mi sembra comoda. Le contrazioni sono fortissime e ad ognuna stritolo le dita del povero maritino..che, paziente, mi incoraggia a stringergliele ancora di più. Alle 3.15 del mattino sono in preda a delle contrazioni allucinanti. Entra il mio ginecologo e dice che sono dilatata di 5 centimetri. Ma come solo 5 centimetri!!! Sono due ore che soffro come un animale e in due ore mi sono dilatata solo un centimetro??????????? Lui mi dice di stare tranquilla, che sarebbe tornato di lì a breve a vedere se la dilatazione procedeva. Alle 4.00 lui torna. Nel frattempo io ho avuto una contrazione dietro l’altra e ho cercato di eseguire la respirazione che mi avevano insegnato al corso, ma non ci sono riuscita. Il dolore mi toglie la capacità di concentrarmi sul respiro. “Dottore,mi dica a che punto sono…” gli dico disperata. “Sei ancora a cinque centimetri, purtroppo, ti rompiamo le acque e ti facciamo delle flebo per accelerare il travaglio”. In quel momento mi sento morire… Non ci posso credere! In tre ore mi sono dilatata solo 1 centimetro!!! E la situazione è ferma. Per fortuna il monitoraggio segna che il mio piccolo Martino sta benissimo nel pancione turbolento della sua mamma, e questo mi da coraggio. Il suo cuoricino batte benissimo.
Alle 4.15 mi rompono e acque. Una sensazione stranissima di bagnato e di caldo. Le acque sono limpide percio’ ho una conferma in più del fatto che il mio amore non sta soffrendo. Non vedo l’ora di vederlo e, tra una contrazione e l’altra, l’unica cosa che mi da la forza di andare avanti è il sapere che da lì a poco lo stringerò tra le braccia. Con le flebo la dilatazione riparte, ma il dolore è aumentato a dismisura. Non riesco più a capire chi entra e chi esce dalla stanza e nemmeno chi sta con me, ho dei ricordi molto confusi anche in merito a quello che ho detto in quei momenti (mio marito mi ha riferito che non ho detto nulla di brutto…meno male!!). Da cinque a nove centimetri di dilatazione è stato uno strazio di dolore, ma anche molto rapido per fortuna. Le contrazioni ogni due minuti e poi ogni uno. Sudata e sconvolta. Finalmente Sara, l’ostetrica che mi ha seguita insieme al ginecologo, prende in mano la situazione e, visitandomi, vede che sono dilatata di quasi 10 centimetri. Allora mi fa scendere dal letto e mi chiede se mi va di provare a spingere sullo sgabellino bianco. Io le rispondo di sì, credo, perché poi mi sono trovata a spingere proprio sullo sgabello. Sono le 6.00 del mattino quando do la prima spinta. Ricordo che notai la luce dell’alba entrare dalla finestra. Mio marito è seduto dietro di me e mi sorregge la schiena e mi incoraggia e io gli stritolo le dita delle mani fino a fargliele diventare viola. Spingere in un certo senso mi aiuta a scaricare energia negativa…e poi Sara, bravissima ostetrica, mi dice che sono bravissima e che sto spingendo benissimo. Più lei mi dice così più io prendo coraggio e spingo di più. Mi dice di spingere come se dovessi andare di corpo e io le dico che ho paura di farmela addosso (perché la sensazione è proprio quella). Ad un certo punto Sara mi dice che sono dilatata molto bene e che la testa di Martino è molto bassa, che quasi si vede, e che quindi mi sarei dovuta alzare per andare in sala parto! Alzarmi e camminare??? Mi sembra impossibile riuscirci, invece piano piano come una papera a gambe divaricate, sostenuta da mio marito e da Sara, riesco ad arrivare in sala parto e a salire sul lettino, intanto sento la testolina di Martino tra le gambe.
Alle 6.45 sono in sala parto con le gambe sulle staffe a spingere e urlare e sperare che nasca presto. Quando inizia a vedere la testolina mio marito comincia a piangere per l’emozione. Lui non sa se è maschio o femmina, per lui è una sorpresa. Io invece lo so. Le ultime spinte sono di un dolore disumano…il ginecologo si mette con il braccio appoggiato sulla mia pancia e ad ogni mia spinta lui esercita una pressione enorme sul mio pancione…lo fa per ben 4 volte… “Sto morendo…muoio!!!!!!!” urlo con tutto il fiato che mi rimane. “No no non muori, stai tranquilla” mi risponde l’ostetrica. Ancora una spinta, mentre io credo di passare all’altro mondo per il dolore…e all’improvviso sento tutto aprirsi e sento qualcosa che esce velocissimo come un pesciolino…e poi un suono dolcissimo e meraviglioso…è lui che piangeva! E’ il mio Martino…ce l’abbiamo fatta!


Il dolore è sparito in un attimo e come colonna sonora di quegli istanti mi ascolto il dolce pianto del mio tesoro, che sta bene e che fa sentire al mondo che è arrivato! Mi chiedono se lo voglio tenere in braccio, e dico subito di sì, così,


Credo che non ci sia un momento più intenso di emozioni di questo nella vita di una persona. Adesso siamo in tre e amo mio marito più di prima…perché insieme abbiamo fatto una meraviglia, un spettacolo di bimbo…che adesso ha 3 mesi e, con il suo dolce sorriso e i suoi bellissimi occhi azzurri, illumina le nostre giornate. Auguro a tutti di poter vivere almeno una volta nella vita un’emozione così grande.
Un abbraccio.