Anche se credo che tutti i tagli cesarei si assomiglino, quello che ha portato alla tua nascita resterà sempre per me speciale… forse il fatto che ti abbiamo atteso tanto, forse il fatto che l’intervento è stato eseguito dall’amica di una vita, la mia testimone di nozze… chissà… ma andiamo con ordine…
Mercoledì 17 giugno: mi sveglio alle 5,45 e subito sono in panico… mi avevano promesso di chiamarmi alle 5 per darmi la supposta di glicerina e concedermi il tempo di farmi la doccia. Come mai nessuno mi ha chiamata? Corro subito a chiedere informazioni: in realtà, di norma ci sarebbe il clistere, ma nel caso di placenta previa non se ne parla proprio. Se voglio, se ritengo di averne bisogno, possono darmi una supposta di glicerina. Rifiuto. Vado a farmi la doccia, mentre smessaggio senza sosta con tua zia Titti, che si è svegliata presto per togliersi il latte per Sofia (così in serata può venirci a trovare senza pupi) e riesco ad andare anche in bagno… non ho proprio bisogno di supposta di glicerina.
Pochi minuti dopo la doccia, l’infermiera mi chiama per mettermi l’impianto per le flebo e, immediatamente, mi fa una flebo di soluzione salina per “lavare” la vena. A pochi minuti alle 7 arriva il tuo papà: l’infermiera mi invita a raggiungerlo alla soglia del reparto, perché un’altra infermiera gli ha bloccato il passaggio impedendogli di entrare (!). Siamo seduti in corridoio, davanti agli ambulatori: pare che l’attesa sarà lunga. Infatti non sarò la prima come previsto, perché c’è stata un’urgenza e nemmeno le infermiere sanno a che ora mi chiameranno in sala operatoria. Mentre siamo in corridoio, ad un certo punto mi viene un forte capogiro (il secondo della mattina ma molto più forte): mi sento davvero male, mi viene da svenire, appoggio la testa al muro, ma non mi dà tregua. Tuo papà chiama l’infermiera e questa mi obbliga ad andare in camera, a sdraiarmi e non muovermi: probabilmente il caldo, associato al digiuno e alla gravidanza mi ha provocato il capogiro. Tuo papà resta vicino a me. Mi coccola. E continuiamo la nostra attesa, mentre comincia ad arrivare qualche messaggio di incoraggiamento. Intanto infilo le odiose calze anti-trombo… che devo infilare due volte, perché solo a operazione terminata mi sono resa conto che ho invertito destra e sinistra, perciò ricomincio da capo… che sudata!!!
Ci chiamano tra le 9,30 e le 10… vado in bagno accompagnata da tuo papà e, con la mia flebo, seguo l’infermiera che mi accompagna nelle sale parto, mentre tuo papà cammina dietro di noi. Nell’atrio del reparto vedo anche i tuoi nonni materni, o meglio, vedo tua nonna: credo che tuo nonno sia in bagno…
All’ingresso nelle sale parto, tuo papà viene bloccato: deve vestirsi con il camice verde. Io incontro la ginecologa. Intanto cominciano i preparativi per l’intervento: arrivano le ostetriche e l’anestesista. Ci sono scambi di battute. E poi mi mettono un altro impianto per le flebo e il catetere per l’urina. Ho già tolto la mia camicia da notte e tuo papà, con il camice, a tratti sta con me, a tratti viene allontanato durante queste operazioni di preparazione. Ridiamo insieme durante il monitoraggio, perché non ti lasci monitorare in alcun modo: ti muovi talmente tanto che è impossibile avere un tracciato di 5 minuti. Al termine di un minuto completo, l’ostetrica decide che sei stato monitorato abbastanza e interrompiamo. Poi io e tuo papà ci salutiamo un’ultima volta prima che io entri in sala operatoria.
In sala operatoria procede la preparazione: mi fanno l’anestesia spinale e tutto va liscio. Non sento alcun dolore. Mi riempiono di disinfettante e allestiscono il tavolo operatorio con il telo davanti al mio viso che mi impedisce la visione dei chirurghi. Mentre l’effetto dell’anestesia invade il mio corpo, le anestesiste ridono guardando la mia pancia che si muove nonostante l’anestesia: io non ti sento più, ma tu sei un unico movimento, probabilmente con una grande voglia di nascere… chissà… perlomeno a me piace pensare così…
Arriva la ginecologa, accompagnata dal suo assistente.
Comincia l’intervento. Io non sento molto, sento solo che trafficano con la mia pancia e posso immaginare i tagli, ma la mia immaginazione non arriva oltre. Aspetto, da un momento all’altro, di sentire il pianto che annuncia la tua nascita. Sono in trepida attesa, mi domando quale sarà la mia reazione. Ad un certo punto, capisco che stai per nascere: la ginecologa e il suo assistente si danno istruzioni per estrarti: “Tira… prendi… no, aspetta…”… e l’anestesista, guardando al di sopra del telo, mi fa la telecronaca della tua nascita: “Vedo spuntare i piedi”. E poi il tuo pianto… non credo dimenticherò mai quel momento (il mio unico rammarico resterà sempre quello di non aver condiviso questo momento con tuo papà, di non aver visto la sua espressione al momento della tua nascita). Sento il tuo pianto e comincio a piangere anch’io, singhiozzando forte… mi mostrano il tuo visino, tutto grigio e arrabbiatissimo in un pianto concitato, e ti sento singhiozzare anche mentre si allontanano con te, alla ricerca di tuo papà, che assisterà al tuo primo bagnetto. Ogni tuo pianto, è per me occasione di ulteriori singhiozzi. Non riesco a riprendermi…
Poi ti riportano da me: ripulito, lavato velocemente e finalmente posso toccarti. Mi slegano il braccio della flebo per consentirmi di accarezzarti. Ti tocco un po’ una mano… mi metti soggezione, ma è il momento più bello della mia vita.
Commento con la ginecologa che mi sembri bello vitale e lei risponde dicendo: “Per forza… nel tirarlo fuori gli abbiamo strizzato un po’ i testicoli: più che vitale, è incazzato nero!”.
Nel momento in cui ti mostrano a me, la ginecologa dice che se non mi piaci, ti prende lei, così evita di faticare per fare il secondo figlio: “Non ci penso nemmeno, con tutta la fatica che mi è costato!”. Le anestesiste commentano che sei troppo bello perché ti lasci: dicono di aver visto pochi bimbi belli come te.
Pochi minuti dopo arrivano le informazioni riguardo le tue misure (che poi si riveleranno diverse da quelle indicate sul foglio di dimissioni): sei nato alle 10,49, pesi 3 kg (o 2,970 kg come indicato sul foglio) e sei lungo 49 cm (o 50…). Avuta notizia della tua ottima salute, cerco di rilassarmi: un forte mal di testa non mi dà tregua, a causa del pianto per la tua nascita. Le anestesiste mi suggeriscono di rilassarmi, ma io non riesco. A tratti mi accorgo di essere molto tesa, con le spalle contratte. Vorrei dormire, ma non mi è possibile. Ad un certo punto, la ginecologa mi rassicura, dicendo che la mia placenta è uscita senza problemi: in una posizione alquanto scomoda, decisamente previa, ma non ha dato altri problemi… Mi suturano la ferita e poi cominciano a sparecchiare il tavolo operatorio. Così, su una barella, finisco nella saletta di osservazione per un paio d’ore e, finalmente, incontro il tuo papà e i tuoi nonni materni. Non riesco a trattenere le lacrime. Sono momenti troppo belli…
L’espressione del viso del tuo papà… indescrivibile! Lui dichiara di aver dormito durante la tua nascita, che non lo trovavano perché era nella saletta d’attesa a dormire… Mi mostrano le tue prime fotografie. E mi sembri bellissimo…
I tuoi nonni se ne vanno e io resto sola con il tuo papà. Leggiamo insieme gli sms di congratulazioni. Ne sono arrivati 49 fino ad ora. Sono tutti bellissimi e pieni di commozione. Ci raggiunge anche la ginecologa: mi racconta che i rischi che ho corso durante l’intervento sono stati maggiori rispetto a quanto mi ha dichiarato inizialmente. Una placenta previa che non sanguina può essere sinonimo di una placenta eccessivamente ancorata alle pareti dell’utero e questo potrebbe essere un rischio per eventuali emorragie, ma anche un rischio per l’utero. La remota probabilità di perdita dell’utero mi era stata paventata dalla ginecologa il giorno del ricovero ma fortunatamente si è rilevata, appunto, remota…
Ecco: la grande avventura ha avuto inizio... che emozione averti con noi...
Grazie, Mauro, per averci scelto come tuoi genitori!!!!
