ALIMENTAZIONE COMPLEMENTARE A RICHIESTA
(di Jessica78)
DI CHE COSA PARLIAMO
Il termine "auto-svezzamento", così come le sue due componenti, è non solo brutto ma anche inappropriato.
Un bambino, infatti, non perde alcun vizio, ma comincia a integrare la sua alimentazione con cibi nuovi, per cui ora si è recuperata un po' ovunque nel mondo, per indicare il passaggio da una alimentazione esclusivamente lattea a una mista con cibi solidi, la definizione di "alimentazione complementare". Anche il termine "auto" non calza, in quanto il bambino lattante per alimentarsi ha bisogno, sempre e comunque, dell'aiuto di un adulto, per cui potremo modificate il tutto in "alimentazione complementare a richiesta" (ACR): esattamente come nell’allattamento al seno, in breve, il bambino mangia quando e quanto vuole lui, ma di quello che gli fornisce l'adulto! (continua...)
ALIMENTAZIONE COMPLEMENTARE A RICHIESTA
(di Jessica78)
DI CHE COSA PARLIAMO
Il termine "auto-svezzamento", così come le sue due componenti, è non solo brutto ma anche inappropriato.
Un bambino, infatti, non perde alcun vizio, ma comincia a integrare la sua alimentazione con cibi nuovi, per cui ora si è recuperata un po' ovunque nel mondo, per indicare il passaggio da una alimentazione esclusivamente lattea a una mista con cibi solidi, la definizione di "alimentazione complementare". Anche il termine "auto" non calza, in quanto il bambino lattante per alimentarsi ha bisogno, sempre e comunque, dell'aiuto di un adulto, per cui potremo modificate il tutto in "alimentazione complementare a richiesta" (ACR): esattamente come nell’allattamento al seno, in breve, il bambino mangia quando e quanto vuole lui, ma di quello che gli fornisce l'adulto!
CHE COSA C'È DI NUOVO
L'OMS ha emesso recentemente delle linee guida sull'alimentazione complementare, raccomandando il responsive feeding: "incoraggiare il lattante a mangiare la quantità di alimenti complementari offerti secondo il grado di accettazione del lattante",
quindi, apparentemente, nel pieno rispetto delle esigenze della controparte. Alcuni Autori, in effetti, parlano di "neofobia", un'utile cautela di tutti gli onnivori nei confronti dei cibi sconosciuti. Da ciò la necessità di offrire più volte (almeno una decina) un determinato alimento prima che venga completamente accettato. Questo dato osservazionale, molto logico, è però in netto contrasto con la tendenza dei lattanti a mettere in bocca qualunque cosa il bambino veda portare alla bocca dai suoi genitori.
È universale l'osservazione dei genitori in difficoltà con le pappe, che il loro capriccioso pargolo non vuol mangiare mentre agogna invece ad assaggiare le "loro" cose. Le difficoltà derivano dal contesto e dai modi della proposta del "nuovo pasto".
Che motivo ha un bambino che si aspetta la nota, saziante e rassicurante poppata, di portare in bocca qualcosa che non sa classificare e che per lui non riveste alcun interesse, anzi rappresenta un elemento di disturbo della sua consolidata routine? Nulla di strano che i rifiuti siano frequenti, i tempi di accettazione lunghi e che si ritenga il passaggio all’alimentazione complementare un momento delicato. Noi siamo convinti che tutto ciò non sia altro che un epifenomeno di un'impostazione sbagliata, e che invece con l'ACR si possa riscoprire la semplicità e la naturalità di una fase di sviluppo troppo importante in termini evolutivi per essere affidata alla casualità interpretativa. Inoltre, se si deve rispettare la volontà del bambino, che senso ha incoraggiarlo? E lusingarlo cambiando sapori e proponendo cibi alterativi? Tale contraddizione delle linee guida OMS nasce forzatamente dal non voler riconoscere fino in fondo che il bambino, così come quando poppava, sa perfettamente quando e quanto ha fame.
Atteggiamenti impositivi portano a risultati opposti a quelli sperati: i bambini imparano a rifiutare i cibi che vengono incoraggiati a mangiare. Mentre la semplice osservazione e imitazione dei genitori o dei pari in comunità ha un effetto positivo sulla accettazione dei cibi.
Data la capacità dei bambini di regolare efficacemente l'apporto energetico, se gli presentiamo una varietà di alimenti salutari, essi sono in grado di assumere la giusta quantità di nutrienti, purché i genitori evitino di utilizzare tattiche per indurli a mangiare.
La mancata attenzione ai segnali provenienti dai bambini si risolve o nel rifiuto ostinato, con una iperselezione di alimenti, o nell'eccesso, con elevato rischio di obesità .
Insomma, di nuovo veramente non c'è poi molto. Non è nuovo neanche il fatto che tanto ben di Dio (l'idea dell’ACR), sia stato ignorato e sprecato, malgrado i notevoli e prevedibili vantaggi che prometteva. Dimenticare comportamenti "sani" (al1attamento al seno) o adottare passivamente comportamenti "malati" (un antibiotico "di sicurezza", o gli steroidi inalatori o il telefonino per tutti i bambini) fa parte delle cose umane.
Questo vale sia per i pediatri che per le famiglie che, però, dai pediatri lo hanno imparato, e che quindi, per cambiare, dagli stessi pediatri dovranno essere convinte. Da sole non ci riusciranno mai.
Quattro anni fa proponendo l'ACR dopo le prime esperienze sul campo, eravamo fiduciosi che funzionasse, oggi vi possiamo dire che non abbiamo più dubbi, e speriamo di fornire in futuro anche qualche numero.
ASPETTI PRATICI
La difficoltà maggiore nella conduzione dell'ACR, a tutt’oggi, sta nel fatto che è talmente semplice da sembrare uno scherzo. Poste di fronte, contemporaneamente, alla complessità del passato e al nulla totale cui si deve invece pensare per avere i migliori risultati, le mamme e le nonne, si perdono. E’ indispensabile un discreto investimento di tempo per far capire alle famiglie che ci siamo sbagliati, ma che è normale perché la scienza ya avanti.
Ai genitori va spiegato che il loro compito è quello di sforzarsi a capire sempre meglio i segnali che vengono dal loro bambino, che è sicuramente diverso dagli altri, e quindi fa storia a sé. Che non si creino perciò aspettative preconcette, come quelle derivanti dalle ricettine che noi pediatri gli propinavamo in passato dove, quale che fosse il bambino, qualità e quantità erano sempre le stesse.
Il miglior giudice del proprio appetito è sempre il diretto interessato, anche se si tratta di un lattante. Anzi, proprio perché si tratta di un lattante. Ci siamo fidati quando era un neonato, quando era difficile capire anche se stava bene o male, perché non fidarsi ora che è grande, ora che lo conosciamo bene in tutte le sue espressioni di benessere e disagio? Una volta che la famiglia ammette la razionalità di questo discorso il più è fatto. Questo non vuol dire che non ci saranno dubbi, ripensamenti ed errori, per non parlare di tutti i possibili deleteri consiglieri in agguato nella schiera dei parenti, amici e paurose vicine di casa. (Sia chiaro: tutte persone sacralmente convinte da noi pediatri in precedenza)
Capiterà quindi che la mamma chieda conferma se gli si può dare veramente tutto: ma anche la carne di maiale, l"insalata, e il sale, e il pepe, e il peperoncino, e i dolci? E se l'omogeneizzato non sia meglio e se è troppo presto per l'uovo, e cosi via. Non si potrà evitare che questo accada e si dovrà rassicurare, senza colpevolizzare, la mamma dubbiosa. Pensiamo sempre che noi pediatri a convincerci ci abbiamo messo molto di più.
Anche nell'evoluzione dell'ACR i bambini non sono tutti uguali. Ci sono bambini rapidissimi nell'incrementare il numero delle richieste e altri più lenti. Anche in questo caso i genitori lamenteranno con il pediatra che il bambino mangia troppo poco dei nuovi cibi o addirittura, smentendo i fondamenti dell' ACR , li rifiuta. La causa, di solito, è la stessa: l'impazienza.
Accade che i “deleteri consiglieri” facciano notare alla mamma che, con quel modo strano di far mangiare il bambino, sono arrivati a 7-8 mesi e ancora non fa un pasto completo, per cui sarà il caso di sollecitarlo un po'. La mamma non può che obbedire, anche perché la maggior parte delle sue conoscenze non ha mai condiviso le sue scelte, e inizia a forzare il bambino che, ovviamente, si oppone. Il fatto stesso che la mamma dica "rifiuta il cibo" rivela che i ruoli si sono invertiti: non è più il bambino a decidere e chiedere, ma la mamma a offrire e imporre. Anche in questi casi si deve solo rinforzare nella mamma la fiducia nel bambino.
D'altra parte che cosa sappiamo noi delle sue specifiche esigenze? Lo stesso latte materno non perde di colpo la sua adeguatezza, ma con gradualità, così come il nostro bambino incrementa i suoi cibi complementari.
Infine, pensate forse di riuscire a far mangiare a un bambino quello che o quanto non vuole?
Qualche problema reale può invece intervenire dopo l'anno di vita, così come succede con il modello tradizionale, quando si presenta una diminuzione della curiosità nei confronti del cibo (l'apprendimento è concluso) e l'abituale rallentamento di crescita e il necessario, ma non sempre messo in atto, aggiustamento delle porzioni alle nuove, ridotte esigenze del bambino. Se la famiglia ha imparato a rispettare il bambino e a seguire i suoi suggerimenti, nel rispetto anche delle proprie responsabilità di fornitore di una adeguata varietà di cibi, problemi non ce ne saranno. Altrimenti, col nuovo possibile pregiudizio di avere un bambino bravissimo che mangia tutto e di più, si correrà il rischio di ricadere negli errori tradizionali.
La storia dei nostri bambini sarà sempre influenzata da ciò che si è fatto nel primo anno di vita e l'allattamento e l'alimentazione complementare ne fanno parte: stiamo attenti a ciò che facciamo.
CONCLUSIONI
Il rispetto totale della capacità di autoregolazione del bambino è la chiave interpretativa di questo nuovo "vecchio modello", superando l'atteggiamento paternalistico dell'offerta di cibo, affidando al bambino la responsabilità della richiesta e ai genitori la
responsabilità della correttezza della dieta di tutta la famiglia.
Per le sue solide e condivise basi scientifiche, siamo convinti che l'ACR possa essere uno strumento efficace nella prevenzione dei disturbi minori e maggiori dell'alimentazione, compresa l'obesità.
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